Yoel Krois non naviga in internet, non possiede uno smartphone, usa vecchio cellulare solo per fare e ricevere telefonate, e non ha la televisione. Per le “comunicazioni di massa” preferisce i tradizionali pashkevilim, i fogli in bianco e nero che vengono affissi sui muri di Mea Shearim e Geula, i due quartieri di Gerusalemme dove vivono gli ebrei haredim (timorati), usati per annunci, proteste, chiamate alla mobilitazione. Un modello di vita dettato dalle regole più rigide dell’Ebraismo ultraortodosso. Eppure Krois, 44enne e padre di 18 figli – l’ultimo dei quali, Shimon, 2 anni, corre gridando su e giù per il minuscolo e povero appartamento – è un personaggio che occupa molto spesso le cronache dei media israeliani. Krois di fatto è il portavoce ed esponente più visibile di una comunità, Edah Haredit, circa 20mila haredim, che fa di tutto per essere invisibile e restare separata dallo Stato di Israele e dagli israeliani laici. Il suo nome è legato alle proteste che vanno avanti da anni, soprattutto a Gerusalemme, contro il servizio di leva obbligatorio anche per i giovani religiosi su cui battono da anni due forze politiche: l’ultranazionalista Yisrael Beitenu dell’ex ministro della difesa Avigdor Lieberman e la centrista Yesh Atid, ora all’interno del «partito dei generali», Blu e Bianco.

Lieberman che già lo scorso autunno, anche su questa controversia, aveva portato Israele al voto anticipato, a maggio ha negato l’appoggio ad una nuova maggioranza guidata da Netanyahu, vincitore delle elezioni del 9 aprile, chiedendo la naia per tutti e non solo per i giovani ebrei laici o sionisti religiosi dall’età di 18 anni: gli uomini per due anni e otto mesi, le donne per due anni. Lieberman e Lapid battono sulla cosiddetta «condivisione del fardello». Nel 2018 hanno ottenuto la sentenza a favore della Corte suprema che ha giudicato illegittimo gli emendamenti alla legge sul servizio militare che favoriscono gli studenti religiosi poiché violerebbero «il principio dell’uguaglianza». «Non ci sono cittadini di prima e di seconda classe – va proclamando Lieberman – ogni giovane di 18 anni deve presentarsi per il servizio nazionale (civile) o militare…Parlo degli ebrei e anche dei musulmani e dei cristiani».

Parole che scatenano le proteste degli haredim più radicali, in particolare quando i loro giovani sono arruolati con la forza. Ma spesso scendono in strada anche i religiosi ortodossi “flessibili”, ossia favorevoli a una quota annuale di giovani religioni arruolati e che sono rappresentati alla Knesset dai partiti Shas e Giudaismo unito della Torah. Questo conflitto ha fatto la fortuna di Yisrael Beitenu che dopo aver impedito la formazione del governo a Netanyahu è volato nei sondaggi (viene dato tra 8 e 10 seggi) grazie al fatto che l’esenzione degli ultraortodossi dalla leva è condannata dalla maggior parte degli israeliani. Così il destino politico di Netanyahu dopo il 17 settembre, se dovesse vincere di nuovo, è legato alle mosse di Lieberman: se non ci saranno sorprese, il premier uscente per mettere insieme una nuova coalizione di destra avrà bisogno obbligatoriamente di Yisrael Beitenu. E per aver l’appoggio di Lieberman dovrà cedere alle sue condizioni sul servizio di leva rischiando però di perdere il sostegno dei partiti religiosi. Un dilemma che lacera la destra.

Siamo a pochi metri dalla yeshiva Avraham Mslonim, nel cuore di Mea Sharim, e di questo dibattito sanno poco o non si curano affatto Krois, i suoi compagni di Edah Haredit, gli antisionisti militanti di Naturei Karta e tutti seguaci dello scomparso rabbino Shmuel Auerbach, ideologo della “Fazione di Gerusalemme”. Ripetono che non accetteranno compromessi e sono pronti ad organizzare altre proteste coinvolgendo migliaia di haredim contro la leva obbligatoria, anche se ciò, come spesso accade, costerà scontri con la polizia ed arresti di manifestanti. «Il Sionismo è la catastrofe dell’Ebraismo» proclama Krois rispondendo alle nostre domande. «Il Sionismo – aggiunge – ha trasformato milioni di ebrei in non ebrei. Edah Haredit si è opposta e sempre si opporrà al Sionismo e non avrà rapporti con lo Stato». Ci invita a sedere accanto al lunghissimo tavolo che occupa quasi per intero una delle tre stanze della casa. «Il servizio militare – prosegue – è stato pensato proprio per rendere l’ebreo un sionista, un non ebreo, quindi lo rifiutiamo totalmente». Se i rabbini Kook, padre e figlio, punti di riferimento ideologici e religiosi il movimento dei coloni ebrei, hanno visto nel Sionismo la strada per la «redenzione di Eretz Israel», Eda Haredit vede nel Sionismo e nella creazione di Israele il «male assoluto».

Yoel Krois spiega che Edah Haredit non è di alcun peso per i cittadini di Israele. «Studiamo, è la nostra prima occupazione, ma lavoriamo anche» tiene a sottolineare «non accettiamo alcuna forma di sostegno da parte di Israele, non ci comportiamo come altri haredim che non riconoscono lo Stato e poi prendono i suoi fondi integrandosi nel sistema sionista». Noi, aggiunge, «viviamo con poco, ci basta poco per andare avanti, la nostra vita è semplice, senza spese se non quelle essenziali per sopravvivere e condurre la nostra esistenza da veri ebrei». Eda Haredit vede negli sforzi di Lieberman per la leva obbligatoria senza eccezioni un attacco volto ad eliminare l’ultima forza religiosa ebraica che resiste al sionismo, dopo che la maggioranza degli haredim ha ceduto alla pressione. «Puntano ad assimilarci nella società israeliana. Vogliono spezzarci per fare in modo che non ci siano più ebrei non israeliani», diceva tempo fa al quotidiano Haaretz il rabbino Mintzberg pronipote di Amram Blau, il fondatore Naturei Karta. «Siamo qui da generazioni da prima del nuovo Yishuv (gli ebrei giunti in Palestina con il movimento sionista, ndr) – spiegava – il sionismo è esilio tra gli ebrei ed è il peggior tipo di esilio…Comprano gli haredim…Comprano il loro silenzio con budget enormi per le scuole rabbiniche…Abbiamo forse pregato per 2000 anni affinché Netanyahu fosse il nostro salvatore? Abbiamo pregato per questi soldati? Per questo governo?»

Quella di Mintzberg e Krois è l’ultima trincea di una guerra che appare perduta. «Parliamo di una minoranza di ebrei ultraortodossi tenacemente schierati contro il servizio militare, lo Stato e il Sionismo» ci dice il politologo Michael Warshansky «certo nessun haredi si proclamerà apertamente sionista e ripeterà sempre che per la sovranità ebraica occorre attendere il Messia. Però nella vita di tutti i giorni prosegue una lenta l’integrazione nello Stato di questa fascia di popolazione che rappresenta, nelle sue varie rappresentazioni più moderate o più rigide, il 15% circa degli israeliani». Oggi in Israele i religiosi sionisti o haredi, aggiunge Warshansky, «fanno parte degli apparati dello Stato e ormai anche dei comandi militari. Gli haredim più giovani si sentono sempre più attratti dalla vita degli ebrei laici e dalla modernità. Un trend che difficilmente sarà fermato». Yoel Krois invece ci crede. «Non ci arrendiamo, vivremo sempre come ebrei non come israeliani. Non faremo mai il militare», ci dice salutandoci con i figli più piccoli aggrappati alle gambe.