Con la consueta ruvidezza che caratterizza il modo di comunicare del mondo Notav, mercoledì sera a Bussoleno il M5s – che ha abdicato sulla madre di tutte le grandi opere – ha ricevuto una precisa richiesta: «Chi è Notav non può essere un cinque stelle, quindi tutti coloro che si sentono parte della lotta contro la Torino – Lione devono rimanere nelle istituzioni e abbandonare il M5s». Le parole di Alberto Perino non sono suonate nemmeno come una richiesta, bensì come un ordine che si è allargato nella sala stracolma di cinque stelle delusi e arrabbiati, nonché dei molti giunti per godersi il desiderato momento del contrappasso finalmente giunto. Dopo l’accusa di «tradimento», parola che ancora imperversa sui social e fa impazzire la guerriglia virtuale del M5s che imperversa, cercando di stemperarne la portata, dal movimento Notav è stata ribadita una simbologia tanto velenosa quanto precisa: chi è Notav non può essere cinque stelle.

QUATTROCENTO i partecipanti che hanno risposto all’invito di Francesca Frediani, capogruppo del M5s in regione Piemonte, rimaste fino a notte fonda a processare i pochi cinque stelle che ancora credono di poter invertire il corso della storia della Tav e del loro partito. «Una situazione kafkiana: i parlamentari romani erano tutti assenti, cioè i veri responsabili del disastro. Dov’erano? Presente solo qualche consigliere comunale di Pinerolo e Torino, venuti a farsi coprire di contumelie quando loro sono quelli con minore responsabilità. Uno spettacolo desolante»: sono le parole di Fabio, militante Notav che, come molti, ha creduto che la netta vittoria elettorale nel marzo 2018 avrebbe sbarrato le porte all’alta velocità in val Susa.
Francesca Frediani porta avanti una solitaria battaglia dentro il M5s per salvare il salvabile, questa la sua valutazione: «Un’occasione di confronto schietto e aperto tra noi e il territorio. Sono emerse le diverse sensibilità di eletti e attivisti, sono state evidenziate le conseguenze delle possibili scelte di ognuno. Ora per tutti si apre un periodo di riflessione, che sarà sicuramente segnato dai prossimi atti che si discuteranno in Parlamento».

DICHIARAZIONE SIBILLINA, perché data per assodata la sconfitta nell’inutile mozione sulla Tav, rimane la ben più pericolosa sul decreto Sicurezza bis, in votazione a metà agosto, su cui la Lega di Matteo Salvini porrà la fiducia. Nell’accesa serata in cui il movimento Notav ha messo sulla graticola i loro ex rappresentanti, a occupare ampio spazio nella discussione è stato proprio il decreto dalla Lega: se approvato andrebbe a colpire il movimento Notav duramente, di fatto impedendogli, pena sanzioni penali pesantissime, di proseguire la lotta sul terreno.

DATO PER SCONTATO che il Governo, e men che meno il Parlamento, riuscirà a bloccare il Tav, la speranza dei Notav è quella di continuare a imbrigliare la cantierizzazione della maxi opera con barricate burocratiche e reali, come accaduto nei passati trenta anni. Aggiunge infatti la Frediani: «Per prossimi atti intendo la mozione Tav, a mio avviso insignificante, ma anche il decreto Sicurezza bis». I fuori usciti, i non rieletti e i cacciati dal M5s durante la serata hanno gareggiato tra loro per denunciare malefatte di ogni tipo, e in generale il partito di Di Maio è stato descritto come un’organizzazione composta ai vertici da sciocchi e arrivisti disposti a tutto.

ASSAI PIÙ MODERATA la posizione degli eletti cinque stelle, in particolare dei consiglieri comunali torinesi. Dopo le foto di gruppo scattate intorno alla bandiera Notav durante le belle manifestazioni di massa dello scorso anno, ieri solo in quattro si sono presentati. Le dichiarazioni bellicose delle settimane passate che hanno fatto traballare la maggioranza della sindaca di Torino Chiara Appendino sembrano essere rientrate perché, riferisce una tra le più critiche delle dissidenti, «Appendino non è responsabile di quanto sta accadendo a Roma e quindi non possiamo farla cadere su questo».

RIMANE LA RICHIESTA, lapidaria e perentoria, espressa da Alberto Perino e ripresa durante svariati interventi: uscire dal Movimento senza togliere il supporto ad Appendino. Basterebbero due, dei quattro che sono in bilico, a compiere un passo simile e la storia della sindaca di Torino si chiuderebbe, perché la prima cittadina ha già detto chiaramente che non accetterà alcun supporto esterno.