C’è stato anche in Lettonia, negli anni trenta del secolo scorso, un periodo in cui l’eugenetica fu parte di un progetto nazionale: durante la dittatura del «Condottiero» e «grande Seminatore» Karlis Ulmanis (1934-40) fu creato persino un «Istituto di ricerca per la forza viva del popolo» in seno al quale si ventilò l’opportunità di sterilizzare i «deboli» per favorire le forze «migliori» della popolazione e con esse promuovere l’incremento demografico. È su questo sfondo che si svolge la vicenda narrata in Frammenti di vetro, romanzo dell’autrice lettone Inga Gaile che Mar dei Sargassi, editore campano, ha da poco mandato in libreria nella traduzione di Margherita Carbonaro (pp. 180, euro 18). Ed è quest’ultima, nella nota in coda al testo, a fornire a chi legge qualche informazione utile a orientarsi nella vicenda. Anche perché, prima di quegli anni, il paese aveva già conosciuto sommovimenti gravidi di conseguenze per le vite dei personaggi.

LA PRIMA FRA LORO È MAGDA, paziente di un manicomio di Strenci, costretta dal medico più o meno innamorato che l’ha messa incinta ad andarsene da lì e rifugiarsi nella residenza di campagna della madre di lui. Il programma di sterilizzazione è nell’aria, e lo psichiatra che a suo tempo aveva raccomandato il giovane dottore è in arrivo per un’ispezione, mosso anche dalle voci intorno a quella gravidanza sospetta. Giunta alla meta, Magda trova una donna che la vita ha chiuso in un manto di severità e il di lei convivente sui generis, che a sua volta nel corso degli anni è stato pretesto per dicerie intorno alla nobile signora, già militante progressista e vedova di un uomo ucciso a tradimento durante le sollevazioni rivoluzionarie del 1905. A Strenci intanto il dottor Karlis, che ha studiato a Berlino entrando in contatto con i lavori di Freud e Jung, vede il proprio approccio umanistico alla malattia, volto a destigmatizzare il disturbo e accordare al paziente la maggior normalità possibile, scontrarsi con una farmacologia che combatte i sintomi a suon di elettroshock e convulsivanti.

E il suo tormento di scienziato è tutt’uno con quello affettivo, il pensiero di un ricongiungimento che per tutto il romanzo ci fa chiedere con Magda: quando verrà? In questo arco d’attesa c’è spazio per le storie e le voci di coloro che gravitano intorno ai due protagonisti: Ilze innanzitutto, madre di Karlis, levatrice e donna di carattere, di cui via via vediamo ingentilirsi i modi fino all’infrangersi della corazza che ne aveva custodito la pena, o il suo tuttofare Martinš, consumato dal senso di colpa per la morte del padre soffocato dal fosgene che impiegarono i tedeschi sull’Isola della morte nel 1916, o ancora Johanna, la nonna da cui Karlis visse presso Monaco, e il marito di lei, dissipatore, o i genitori di Magda e vari altri, in una polifonia serrata che ne fa eroi in itinere, protagonisti della propria personale battaglia contro la sofferenza.

FORSE SONO ANCHE QUESTI, i «frammenti» del titolo: scaglie in trasparenza di vicende individuali intrecciate fra loro, unite a comporre un mosaico dove a ognuna e ognuno è riservato uno spazio di comprensione. Di certo sono quelli che Magda, giunta nel frattempo a concepire anche per sé un diritto ad esistere, sente deflagrare tutt’intorno e dentro al momento del parto: un’irruzione di realtà che per un attimo infrange la psicosi. O quelli che, ai suoi occhi, una strana nube ronzante potrebbe provocare sfondando una finestra: questi e gli altri, figura di una visionarietà che è tutt’uno con la malattia, la quale a sua volta non si scinde da un bisogno d’amore negato all’origine.

* Domani alla Feltrinelli di Largo Arenula (ore 18), l’autrice presenta il suo romanzo con Gaja Ceciarelli e Clara Marziali.