Nel gennaio del 2010, in risposta alla riforma Gelmini della scuola secondaria di secondo grado, l’Associazione italiana insegnanti di geografia ha promosso un appello a favore della propria disciplina, che risultava essere la più penalizzata dal nuovo assetto voluto dal ministro. Le oltre trentamila adesioni hanno mobilitato l’opinione pubblica a una sensibile partecipazione, che ha avuto il merito di sottrarre il dibattito sul ruolo di questa materia al circuito chiuso del mondo accademico. Abbiamo chiesto un parere a Gino De Vecchis, professore di geografia presso l’università di Roma e presidente nazionale dell’associazione.
Qual è lo stato attuale della materia nella scuola italiana?
Nell’anno scolastico 2010/ 2011, la geografia è scomparsa nel quadro orario degli istituti professionali e di tutti i tecnici a indirizzo tecnologico, compresi il Nautico e Costruzioni, ambiente e territorio, mentre ha subito un preoccupante ridimensionamento nei licei.
Sulla base della riforma del primo ciclo realizzata dal ministro Moratti e confermata da Fioroni, che prevede lo studio dell’Italia alle elementari e dell’Europa alle medie, i ragazzi che non trovano alle superiori la geografia escono dalla scuola con conoscenze relative al nostro paese ridotte a vaghi ricordi risalenti all’età di 9-11 anni.
In quale misura l’analfabetismo geografico può limitarci?
Fare geografia a scuola vuol dire formare cittadini italiani e del mondo consapevoli e critici. Privarsi degli strumenti di conoscenza propri della geografia, che consente a ciascuno di interpretare il territorio in cui vive, significa rinunciare a saperi assolutamente irrinunciabili per affrontare le sfide del mondo contemporaneo. Dal locale della mobilità nel quartiere, alla Tav, fino ai grandi problemi mondiali legati alla globalizzazione: i flussi migratori, l’inquinamento ambientale.
Non solo, quindi, la geografia immobile delle nozioni, quella delle capitali e dei fiumi…
Quest’immagine stereotipata e innocente fu presa di mira già dal sarcasmo di Antoine de Saint-Exupéry: il geografo del sesto pianeta risponde alla curiosità del Piccolo Principe spiegandogli che la geografia descrive cose eterne, perché è molto raro che una montagna cambi di posto, che un oceano si prosciughi.
Ovviamente, non è così. La geografia studia, piuttosto, la dinamica delle società che vivono e si confrontano sugli spazi umanizzati del pianeta. La geografia è  la storia analitica del presente che sfida le situazioni dell’oggi, inquadrandole in una visione futura.