La Russia ha sconfinato in Ucraina. I 250 autotreni organizzati da Mosca e carichi di aiuti destinati ai civili, hanno superato la frontiera. Sono diretti verso Lugansk e Donetsk, le due città intorno alle quali si snoda il fronte che oppone le forze governative di Kiev ai ribelli filorussi, ormai da più di quattro mesi.
La decisione di attivare la marcia dei mezzi, ha comunicato Mosca, è giunta a causa dei tempi intollerabili presi dalle autorità di Kiev nel corso delle ispezioni al convoglio. Che procede in territorio ucraino senza la scorta della Croce rossa internazionale.

Kiev, avuta la notizia, ha accusato deliberatamente Mosca di invasione. L’Europa ha fermamente condannato la mossa russa, così come la Nato e gli Stati uniti che hanno invitato Mosca a riportare in territorio russo il convoglio. La Nato si è spinta più in là, accusando la Russia di aver predisposto un vero e proprio sostegno militare ai filorussi, mentre in serata la Cnn ha diffuso la notizia secondo la quale almeno 18mila soldati russi sarebbero pronti ad entrare in azione. Alle 21 di ieri sera si è radunato anche il consiglio di sicurezza dell’Onu. Poco prima il segretario generale Ban Ki moon ha espresso «profonda preoccupazione» per lo sconfinamento non autorizzato del convoglio russo in Ucraina. Pur prendendo atto del deterioramento della situazione umanitaria, Ban ha osservato che «ogni azione unilaterale ha il potenziale di esacerbare una situazione già pericolosa nell’est dell’Ucraina». Sull’entità degli aitui, intanto, si rincorrono le versioni più disparate.

Il ministro degli esteri svedese, Carl Bildt, sostiene che il convoglio umanitario viaggi in parallelo con uno militare. Qualcuno riporta che gli autotreni russi, che transitano sui territori controllati dai ribelli, siano accompagnati proprio dai separatisti.

L’ingresso del convoglio russo in Ucraina apre molti interrogativi. I mezzi sono diretti a Lugansk, dove, più che a Donetsk, s’è fatto intenso l’assedio delle forze governative ucraine. La città è senza acqua, né luce. Il cibo scarseggia. Qualche analista fa notare che Mosca, al di là della sola questione umanitaria, potrebbe essere stata indotta a spedire il convoglio oltre confine proprio allo scopo di fermare o quanto meno alleggerire l’assedio, che vede i filorussi difendere con crescenti difficoltà la posizione. Kiev, se continuasse lo sforzo bellico, potrebbe tra l’altro essere facilmente accusata di ignorare completamente la sorte dei civili.

Anzi, di ridurli allo stremo. Non è chiaro capire come andranno le cose (nel momento in cui scriviamo si sa solo che il convoglio è arrivato nei pressi di Lugansk), ma c’è l’impressione che la mossa russa si leghi anche a due momenti importanti e imminenti, nel quadro complessivo della crisi ucraina: l’odierna visita di Angela Merkel a Kiev e il vertice di martedì a Minsk, dove converranno Putin, il presidente ucraino Petro Poroshenko e la titolare della politica estera europea Catherine Ashton, nel contesto della riunione dei capi di Stato e di governo dell’Unione doganale eurasiatica, il progetto strategico russo all’interno del quale, assieme a Bielorussia e Kazakistan, l’Ucraina era in teoria destinata a entrare.

L’obiettivo formale è quello di valutare una possibile compatibilità tra gli accordi doganali russo-bielorusso-kazaki e quelli da poco contratti tra l’Ue e Kiev, casus belli dell’intera contesa ucraina. Ma è chiaro che il passaggio può rappresentare l’occasione buona a intavolare una trattativa che, finora, non c’è mai stata.

È evidente, al tempo stesso, che questa stessa trattativa passa dal rapporto tra Berlino e Mosca, in virtù del peso tedesco in un’Europa in crisi, dell’interscambio tra i due paesi, dei flussi energetici e della «chimica», se così si può dire, tra la Merkel e Putin. Sarà quindi interessante vedere cosa dirà a Kiev il cancelliere tedesco e quello che il presidente russo, durante e dopo la sua sortita, farà nell’est ucraino. Minsk è alle porte.