L’appuntamento è per venerdì, alla riunione della presidenza di Sel, per quello che viene definito «un confronto libero e aperto». La formula, però, nel lessico della sinistra dei partiti, di solito annuncia burrasca. E burrasca sarà, soprattutto da parte di chi nel gruppo dirigente – parlamentari per lo più – ha votato contro l’avventura della Lista Tsipras al congresso e alla direzione nazionale. E che poi si è cucita la bocca in campagna elettorale «per lealtà e per non essere accusata di sabotaggio». Ora, consumato il voto e scavalcato lo sbarramento, il momento della verità è arrivato.

Anche perché dall’altra parte, e cioè nel comitato dei garanti della lista Tsipras, l’intenzione di andare avanti con l’esperienza unitaria ormai è esplicita e dichiarata. E così quella di prendere non una, ma mille distanze con «la nuova Dc», così Barbara Spinelli ha definito il Pd renziano a quota 40,8 per cento. E persino di cercare una collaborazione con il M5S, almeno nel parlamento europeo, posizione per la verità non unanime fra le diverse ’anime’ della lista. C’è anche un nuovo dettaglio: se Sel dovesse mandare uno dei suoi a Strasburgo – come con ogni probabilità succederà, la capolista Spinelli, eletta in due circoscrizioni, ha espresso l’intenzione di rinunciare allo scranno -, lo inviterà a sedersi nel Gue/Sinistra europea, e non nel Pse, come ha confermato ieri al manifesto il coordinatore Nicola Fratoianni («In ogni caso non sarebbe immaginabile che uno di Sel sieda in Europa, o in Italia, nel campo delle larghe intese»).

Un fatto «scandaloso», commenta Ileana Piazzoni, deputata del Lazio, e fan di Schulz: «Ma questo è il minimo. Io sono stata leale in questa campagna elettorale, e sono felice del 4 per cento finalmente acciuffato. Ma l’elogio della collaborazione con i 5 stelle è un problema di strategia politica: io non ci sto, ma non voglio neanche fare la parte di quella che si mette di traverso rispetto alla nascita di un nuovo soggetto a sinistra. Lo facciano. Dicono che è l’ultima spiaggia per la sinistra? Io non sono d’accordo ma rispetto i militanti e il loro entusiasmo. E mi rendo pure conto che dopo la campagna elettorale non si possa dire: ok, ora liquidiamo la lista Tsipras. Ma non ho intenzione di farmi utilizzare nella parte di chi li frena».

I deputati che la pensano come lei sarebbero almeno una quindicina. Resta l’incognita dei senatori, fra i quali pure ci sono gli ’Tsipras-scettici’. E un drappello di ’responsabili’ per il governo Renzi a Palazzo Madama sarebbe per Renzi assai più utile che alla camera, dove il Pd ha un’abbondante maggioranza anche da solo. Proprio al senato arriverà nei prossimi giorni il ’fatidico’ decreto sugli 80 euro che scade il prossimo 23 giugno. Tema scottante, molto popolare nel paese, come ha dimostrato il voto di domenica. In molti, in Sel, vogliono votare sì. Idem sulla successiva riforma del terzo settore. Il problema, continua Piazzoni, «infatti non è il rapporto con il Pd o andare nel gruppo del Pd. Il problema è il rapporto con il governo Renzi: dovremmo dire un no pregiudiziale a ogni provvedimento di riforma di questo paese?».

Questione sempre aperta in Sel, che si colloca all’opposizione non pregiudiziale al governo. E che però oggi deve fare i conti con il nuovo soggetto in costruzione dallo slancio della lista Tsipras. E che l’ora della verità sia arrivata, per il movimento fondato nel 2009 da una scissione del Prc, insieme alla Sinistra democratica dei Ds e ai verdi di Cento e De Petris, sembrano dirlo anche le ultime dichiarazioni di Nichi Vendola da Bari: «Dico al mio mondo che questo è il momento in cui bisogna sfidare in positivo Renzi». Renzi «oggi è e il leader europeo più forte», il suo rapporto con il paese «è pieno idillio», ora «è nella condizione di battere il club dell’austerity. Bisogna incoraggiarlo». Un messaggio a Renzi, ma – dopo una serrata campagna per Tsipras – soprattutto ai suoi. Ma, chiede Piazzoni: «Renzi governerà fino al 2018. Dovremo fare l’opposizione ma anche mantenere il profilo di un partito alleato?»