Mentre si dibatte sul fatto se Renzi sia ancora o non sia già più in maggioranza, per la terza volta Italia viva vota con le opposizioni sulla prescrizione portando il governo a un passo dall’incidente parlamentare. Ieri è accaduto in commissione giustizia alla camera, dove per la seconda volta in pochi giorni per salvare la maggioranza ha dovuto partecipare al voto la presidente della commissione, la 5 Stelle Businarolo, violando estetica e prassi. Ieri in più è risultata decisiva l’esclusione dal voto di un deputato del gruppo misto che avrebbe altrimenti votato in favore della proposta avanzata da Forza Italia e appoggiata dai renziani per abolire tutta la riforma Bonafede della prescrizione. Quella che è in vigore dal 1 gennaio e che cancella la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Il Pd e Leu hanno fatto digerire al ministro della giustizia una parziale modifica, che distingue le sorti di condannati e assolti, ma per Renzi non è abbastanza. Da qui il suo nuovo ultimatum.

La minaccia di una mozione di sfiducia individuale contro il ministro guardasigilli, il leader di Italia viva l’aveva già fatta. Ieri in tv ha aggiunto una scadenza: entro pasqua. Vuole cioè che la riforma della prescrizione sia completamente superata per quella data, altrimenti la mozione di sfiducia presentata al senato potrebbe trovare i numeri per essere approvata. A ben guardare il nuovo ultimatum è anche una retromarcia, visto che in precedenza Renzi aveva già annunciato la sfiducia se gli altri partiti della maggioranza avessero trovato un’intesa per modificare la riforma senza il consenso di Iv. Cosa che è puntualmente accaduta nel Consiglio dei ministri al quale non hanno partecipato le ministre renziane. Quell’accordo, il «lodo Conte bis» al quale il Pd e Leu sono adesso aggrappati, non si è però ancora materializzato in parlamento. Può accadere la prossima settimana, ma certo non andrà nella direzione indicata da Renzi.

Per le stesse ragioni ieri c’è stato il quasi incidente in commissione giustizia a Montecitorio, e la novità è che questa volta il rappresentante di Renzi (l’ex leader della corrente di destra della toghe, Ferri) si è unito alle destre nel protestare vivacemente per la conduzione dei lavori. Proteste arrivate anche in aula con la richiesta al presidente della camera Fico di intervenire.

Nel frattempo un’altra semi rissa scoppiava nella commissione giustizia del senato. Anche lì nei giorni scorsi renziani e destre avevano provato a far passare l’abolizione della Bonafede sulla prescrizione, ma ieri lo scontro si è acceso attorno al cuore del provvedimento in esame. Si tratta del decreto intercettazioni, che oltre al rinvio di un rinvio della nuova disciplina sulla trascrizione degli ascolti contiene norme più permissive sull’uso del captatore informatico “trojan” e in genere sulla possibilità di utilizzare le intercettazioni nelle indagini. La Lega, che a tratti strilla contro «il grande fratello» cercando di stare nella parte dei garantisti, a tratti propone di video-sorvegliare chiunque, ieri con il celebre senatore Pillon ha tentato con un emendamento di consentire l’uso dei trojan anche per il reato di detenzione di materiale pedopornografico. Per il reato di diffusione è già possibile farlo, visto che è punito con pena superiore ai 5 anni. La maggioranza ha dato parere negativo e ha proposto in cambio di studiare un innalzamento generale delle pene, ma alla Lega non è bastato. Così ha deciso di occupare l’aula della commissione impedendone i lavori, all’esterno si sono ascoltati strilli e insulti. Inutile una lunghissima mediazione che ha fatto slittare l’approdo in aula del provvedimento. Ma il decreto è prossimo alla scadenza, mancano dieci giorni e deva ancora andare alla camera, così la maggioranza si è rassegnata a portarlo in aula senza concludere i lavori di commissione e senza relatore. Il governo dovrà recuperare con un maxiemendamento sul quale votare (oggi) la fiducia gli emendamenti approvati in commissione. Tra i quali quello che allarga l’utilizzabilità delle intercettazioni occasionali, proposto originariamente dal senatore Grasso di Leu e tenuto fermo per un giorno dai renziani. «Un episodio da teatro dell’assurdo», ha detto ieri sera Grasso in aula, raccontando che Iv aveva prima accettato l’emendamento e poi preteso una variazione, che però non ne cambia il senso.