Nel giorno in cui depositano i sei quesiti in Cassazione, leghisti e radicali scoprono che i loro referendum sulla giustizia hanno estimatori imprevisti. Nel Pd c’è Goffredo Bettini che ne condivide almeno cinque. In cima alla lista mette il referendum che punta alla separazione delle carriere, proprio quello che ha più probabilità di essere fermato dalla Corte costituzionale che ha già detto che per una riforma del genere non basta un quesito abrogativo ma serve una legge (costituzionale). Il senatore Andrea Marcucci, ex capogruppo e prima fila della nostalgia renziana, considera i referendum «molto utili». Cioè l’opposto di quello che dicono la responsabile giustizia del partito e i parlamentari che seguono le riforme.

In appoggio alla strana coppia referendaria Lega-Radicali – che da inizio luglio a fine settembre dovrà raccogliere 500mila firme per ogni quesito – ci sono anche Iv e tutto il centrodestra. Giorgia Meloni dice che l’iniziativa è «molto interessante». Forza Italia e Azione presentano emendamenti al disegno di legge sul Csm e l’ordinamento giudiziario che riprendono due quesiti radical-leghisti. Di nuovo quello sulla separazione delle carriere e poi quello che assegna diritto di voto agli avvocati nei consigli giudiziari. Gli altri emendamenti di centrodestra vanno da una stretta agli incarichi fuori ruolo per le toghe e alle cosiddette «porte girevoli» tra magistratura e candidature politiche, nuovi criteri di valutazione di professionalità per le toghe (voti e non giudizi), nuovi illeciti disciplinari.
Anche questa volta, per la terza riforma della giustizia prevista nel Pnrr (le altre due sono quelle dei riti civile e penale), la maggioranza non rinuncia a una pioggia di emendamenti al testo base (che anche in questo caso è ancora quello dell’ex ministro grillino Bonafede). Ma stavolta sono 400 e non 700 perché Pd, 5 Stelle e Leu si contengono. Una decina di emendamenti a testa per i primi due, addirittura nessuno da Leu. Questo per una serie di motivi. Intanto il disegno di legge sull’ordinamento giudiziario (delega, ma con norme di immediata efficacia sul Csm) è meno divisivo di quello sul processo penale. Poi la ex maggioranza giallorossa vuole evitare di dare l’impressione di sconfessare la “sua” riforma. Infine i deputati hanno capito che la partita comincerà quando la commissione ministeriale presieduta dal costituzionalista Luciani calerà le sue proposte.

Cosa che avverrà questa mattina, in un incontro al quale parteciperanno la ministra e i capigruppo di maggioranza nelle commissioni giustizia. «La dialettica tra garantisti e giustizialisti è provvidenziale ma non deve diventare un derby» ha detto ieri Cartabia, intervenendo alla presentazione di un libro di Luciano Violante. La commissione di saggi avrebbe ripreso proprio una proposta di Violante, quella di sottrarre il disciplinare dei magistrati al Csm per affidarlo a un’Alta Corte, spiegando però che occorrere una riforma costituzionale. Sulle carriere la commissione si sarebbe orientata a confermare la rigida distinzione delle funzioni già prevista dal testo Bonafede (due soli passaggi in carriera da pm a giudice o viceversa). Mentre sul punto più atteso, quello del sistema elettorale della componente togata del Csm, i saggi avrebbero ripreso le proposte della commissione Balboni (1996) prevedendo il voto di metà mandato e il sistema del voto singolo trasferibile, E avrebbero escluso il sorteggio anche nella forma ridotta (per la formazione di alcune commissioni) previsto dalla Bonafede. Mentre Forza Italia con i suoi emendamenti insiste sul sorteggio.