zi. Cinque stelle, Pd e Leu firmano la tregua sulla prescrizione davanti a Conte, recuperando un pezzo della precedente riforma Orlando, ma la delegazione di Italia viva si sfila. Al termine del vertice serale a palazzo Chigi, il ministro Bonafede annuncia che porterà la riforma del processo penale in Consiglio dei ministri. Forse già lunedì. «Italia viva si assumerà le sue responsabilità», dichiara. Il che significa che la riforma potrebbe passare in Consiglio senza il voto dei ministri renziani. E soprattutto che Iv si terrà le mani libere in parlamento, votando con le opposizioni. Contro la riforma della prescrizione così come riformulata ieri. Per cominciare.

A spingere grillini, democratici e Leu al passo in avanti e alla clamorosa spaccatura della maggioranza, un comunicato di rottura con il quale i renziani avevano anticipato persino l’apertura del vertice. «Se in attesa di sedersi al tavolo per trovare soluzioni si dichiara per far ribaltare il tavolo, diventa evidente che l’obiettivo non è cercare una mediazione ma solo un po’ di visibilità», anticipa l’irritazione l’ex presidente del senato Grasso. Adesso il governo, lunedì o quando si terrà il Consiglio dei ministri straordinario dedicato alla giustizia, immagina un decreto con la riformulazione delle norme sulla prescrizione, come da accordo di ieri. E un disegno di legge delega, che ha tempi lunghi di approvazione definitiva, con la riforma del processo di rito. Ma non si esclude di trovare il modo di infilare le novità in un altro «veicolo» alla camera, persino il «milleproroghe».

Nel pomeriggio, quando Conte si decide a convocare il vertice «risolutivo» – per tenere fede a quanto aveva annunciato da Londra – lo fa senza garanzie sull’atteggiamento di Italia viva. I renziani aspettano che si avvicini l’ora dell’appuntamento a palazzo Chigi e che circolino le prime indiscrezioni sul contenuto dell’accordo. Poi calano il loro rifiuto: sospensione per un anno della riforma Bonafede o niente. Altrimenti Iv voterà con le opposizioni sia l’emendamento Annibali al «milleproroghe» la prossima settimana (prevede appunto una sospensione di un anno della riforma) che il disegno di legge Costa (che cancella la riforma) il 24 febbraio alla camera. A Montecitorio i deputati di Iv non sono decisivi, ma ecco che Renzi completa la minaccia: «Presenteremo una proposta di legge di ripristino della legge Orlando al senato. Lì Bonafede non ha i numeri anche col sostengo del Pd. Da qui a sei mesi dovrà cedere, se non lo convincerà la politica ci penserà la matematica».

«La sospensione non è mai stata nel novero delle cose possibili», spiegano dal Pd: del resto Bonafede l’aveva rifiutata anche quando era più ragionevole, prima dell’entrata in vigore (il 1 gennaio) della sua riforma. «Iv è rimasta incomprensibilmente ferma e rigida nelle sue posizioni, non c’è stata una contestazione nel merito, hanno detto “prendere o lasciare”», dice al termine del vertice il responsabile giustizia dem Verini. Nella sostanza Bonafede accetta di recuperare un bel pezzo della precedente riforma della prescrizione, firmata da Orlando, a partire dalla distinzione tra condannati e assolti in primo grado. Solo ai primi si applicata integralmente l’estinzione della prescrizione dopo il primo grado. Ma anche i condannati, in caso di assoluzione in appello, recuperano il diritto a una prescrizione «piena».

Per loro andrebbe conteggiato ai fini della prescrizione e tutto d’un colpo anche il periodo intercorso tra il primo e il secondo grado. Facile prevedere che l’assoluzione in appello arriverà a coincidere con la prescrizione. E infatti nel complicato accordo si prevede anche l’introduzione di una «finestra» utile a celebrare (almeno in teoria) il giudizio in Cassazione.

Resta il fatto che tre prescrizioni su quattro oggi arrivano in una fase precedente al giudizio di primo grado, dunque prima che incida la travagliata riforma Bonafede, vecchia e nuova versione. Anche adesso che si è avvicinata assai a quella Orlando. Resta una rilevante differenza: nel regime in vigore fino al 2019 era prevista una prescrizione processuale: i gradi di giudizio successivi al primo non poteva mai durare oltre tre anni. Adesso invece, in assenza di misure ad alto impatto nella riforma del rito penale, il rischio di un appello interminabile è confermato.