Ogni anno, in Europa, sono almeno dieci milioni le persone che lavorano in campo agricolo, la maggior parte come lavoratori stagionali. Nonostante la scorsa primavera quando, a causa del Covid, mancava mano d’opera per raccogliere frutta e verdura, i lavoratori agricoli siano stati definiti «essenziali», la loro esperienza lavorativa è ancora, troppo spesso, legata a condizioni di lavoro disumane, salari vergognosi, giornate di lavoro troppo lunghe, impieghi non dichiarati e alloggi dove viene negata qualsiasi forma di dignità. Per questo molte organizzazioni della società civile di tutta Europa, tra le quali Slow Food, si sono unite per chiedere diritti e giustizia sociale per i lavoratori agricoli.

Tra le richieste c’è quella di vincolare l’assegnazione dei contributi della Politica Agricola Comune al rispetto dei diritti dei lavoratori. Se per ricevere i contributi Pac diventa sempre più importante il rispetto di norme fondamentali in materia di ambiente e benessere animale – norme che avrebbero ancora bisogno di miglioramenti – il rispetto dei diritti dell’uomo e del lavoro non compaiono a oggi come requisito per l’assegnazione dei pagamenti diretti. Nessuna sorpresa dunque nel constatare come la Pac non sia mai riuscita a incidere sulle condizioni dei lavoratori agricoli. Il Parlamento Europeo ha espresso la sua posizione a ottobre 2020: se dal punto di vista della tutela ambientale il voto parlamentare di ottobre ha deluso e non poco, nella stessa occasione il Parlamento ha votato a favore della clausola di legare i pagamenti diretti (il primo pilastro della Pac) al rispetto delle condizioni di lavoro. In questo modo gli imprenditori agricoli potrebbero ricevere sovvenzioni comunitarie solo se sono rispettate le condizioni di lavoro stabilite a livello nazionale e internazionale. Un traguardo purtroppo a rischio: non pochi Stati membri si sono espressi per la cancellazione di questo elemento dalle condizioni per i pagamenti diretti della Pac, con la motivazione che complicherebbe ulteriormente il carico burocratico e che non spetta alla politica agricola occuparsi dei diritti dei lavoratori nei campi. L’agricoltura che deve sostenere la Pac, secondo Slow Food, deve reggere su tre pilastri: rispetto della terra e dell’ambiente, tutela sociale dei lavoratori e benessere animale. Se manca solo uno di questi elementi viene meno la sostenibilità alla quale dovrebbero essere legati i finanziamenti europei.

A ben vedere c’è già un modo di condurre la terra che risponde a queste tre pilastri: l’agroecologia. Essa fonde in sé scienza, pratica e movimento sociale, coniuga rispetto per l’ambiente, benessere animale e diritti delle persone che lavorano nella filiera alimentare. La sfida consiste ora nel tradurre l’agroecologia nelle politiche alimentari e agricole dell’Ue, non attraverso interventi sporadici, ma adottando un approccio agroecologico nella progettazione delle politiche alimentari. La Fao ha già pubblicato un documento che può essere usato per sviluppare gli strumenti appropriati per le politiche dell’Ue in quanto sintetizza «10 elementi dell’agroecologia» e «13 principi agroecologici». Qui la Fao mette in evidenza la centralità dei «Valori umani e sociali» che includono dignità, equità, inclusione e giustizia, considerati essenziali per integrare l’agricoltura sostenibile su larga scala. Slow Food continuerà a fare pressione affinché il rispetto dei diritti diventi una condizione sine qua non per le sovvenzioni della Pac.