Sergio Mattarella ha iniziato la giornata di consultazioni preoccupatissimo. A nessuno è sfuggita la differenza tra la distensione del presidente una settimana fa e la tensione di ieri. Da come sono andate le cose, si può scommettere che a sera il suo umore era solo peggiorato.

L’eco dei venti di guerra in Medio Oriente ha risuonato per tutto il giorno nei colloqui al Quirinale tra il presidente della repubblica e le delegazioni dei partiti. La preoccupazione di Mattarella nell’affrontare una crisi internazionale senza neppure la prospettiva di un governo era tanto palese quanto comprensibile. Ma a giustificare quello stato d’animo era soprattutto la convinzione di aver assistito, dal 4 marzo in poi, solo a una serie di falsi movimenti.

Le consultazioni di ieri hanno confermato. Le posizioni sono identiche a quelle di una settimana fa, se possibile anche più rigide. Il Pd non intende «scongelarsi». Il reggente Maurizio Martina stavolta non ha parlato di opposizione ma di «ruolo di minoranza». Per il resto il leit motiv resta identico. Sta a chi ha vinto governare. Tanto più che Lega e M5S mentre litigano, «si spartiscono tutti gli incarichi parlamentari , il che è inaccettabile».

Se il presidente finirà per giocare la carta di un «suo» governo, il Nazareno sarà disponibile. Purché ci stiano tutti. Ipotesi, peraltro, già bocciata da Luigi Di Maio.
Le aspettative, però, erano tutte concentrate sull’asse M5S-Lega, anche perché la sera precedente si era diffuso, chissà perché, un certo ottimismo, la convinzione che Silvio Berlusconi fosse ormai quasi pronto a quel «passo di lato» chiesto ufficialmente dal Movimento 5 Stelle. Non c’è stato neppure bisogno di attendere le consultazioni per scoprire che quell’ottimismo era del tutto infondato. Non c’è stato bisogno neppure di aspettare il vertice del centrodestra che ha preceduto il corteo nei corridoi del Quirinale, con i tre leader ciascuno scortato dai propri capigruppo.

Lo stato maggiore azzurro si riunisce a pranzo, poi le capogruppo Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini dettano le condizioni: «Piena legittimazione di Berlusconi e di Forza Italia». Neppure i 5S aspettano di trovarsi sul Colle per reagire. Ci pensano i capigruppo Danilo Toninelli e Giulia Grillo: «Mai con Berlusconi. Mai con Forza Italia».

La sfilata del Quirinale conferma e rincara. Matteo Salvini ripete che l’accordo va fatto con tutto il centrodestra e accusa i 5 Stelle di tradire le istanze di cambiamento con i propri veti. Di Maio constata che il Pd è immobile e che il centrodestra ha fatto addirittura un passo indietro. Con la Lega «ci sono sinergie istituzionali» ma c’è una «sola soluzione per sbloccare lo stallo e investe Berlusconi: dovrebbe fare un passo di lato». Tutti fermi al punto di partenza.

Le consultazioni proseguono oggi con i vertici istituzionali e il presidente emerito Napolitano. Mattarella ha già preso la sua decisione, anche se la comunicherà probabilmente nei dettagli solo tra qualche giorno, pur anticipando qualcosa al termine dei colloqui di oggi. Di certo non punterà su un nuovo giro di incontri: finirebbe come i precedenti. Affiderà un incarico limitato, poco importa se definito pre-incarico o incarico esplorativo, e tutto lascia pensare che lo affiderà a un politico «indicato dalla Lega», come recita la formula letta da Salvini.

Significa che forse non sarà lui: preferisce non bruciarsi con un mandato limitato e povero di chances.

Al suo posto potrebbe andare Giancarlo Giorgetti, con la missione di provare a raccogliere i voti necessari per il governo alla luce del sole. Mattarella vuole che sia chiaro e trasparente che, se proverà una strada scelta da lui, sarà solo perché tutte le altre si sono dimostrate impraticabili.