La fuga di Yacoub Qader e Mahnoud al Arda è terminata ieri sera sul monte Al Qafzeh, nella città di Nazareth, in Galilea. Come siano stati individuati due dei sei palestinesi evasi domenica notte dal carcere di massima sicurezza di Gilboa, ieri sera non era ancora chiaro. Un video che gira in rete mostra un nutrito gruppo di agenti che acciuffa uno dei fuggitivi che non oppone particolare resistenza all’arresto e viene poi trascinato verso un autoveicolo della polizia. Le autorità israeliane prevedono che la cattura dei due evasi renderà più facile catturare gli altri quattro. La notizia è stata una doccia fredda per i palestinesi che nei giorni scorsi avevano festeggiato ed esaltato la rocambolesca evasione dei sei prigionieri da Gilboa.

Il quinto giorno della caccia israeliana ai sei evasi comunque non era cominciato con le notizie di rastrellamenti di esercito e polizia nei centri abitati in Cisgiordania, bensì con le polemiche tra l’Autorità nazionale palestinese (Anp) e il quotidiano libanese Al Akhbar. Accrescendo la pressione sull’Anp, il giornale di Beirut ha riferito di un accordo raggiunto dalle forze di sicurezza agli ordini del presidente Abu Mazen e quelle di Israele. L’Anp, ha scritto al Akhbar citando anonimi funzionari palestinesi, favorirà la cattura degli evasi se Israele non li ucciderà e migliorerà le condizioni di vita per i detenuti palestinesi nelle sue carceri. Secca la smentita dell’Anp ed è intervenuto Nabil Abu Rudeinah, il portavoce della presidenza, per affermare che i fuggitivi, tra i quali Zacharia Zubeidi, l’ex comandante delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa (Fatah) a Jenin (ma anche cofondatore del Teatro della Libertà) e tutti i prigionieri politici sono degli «eroi».

Comunque sia, la posizione dell’Anp, legata al coordinamento di sicurezza con Israele, si è fatta molto delicata. L’evasione dal carcere di Gilboa non ha alimentato solo il compiacimento di gran parte dei palestinesi per l’umiliazione inflitta dai sei fuggitivi al sistema di sicurezza israeliano. Ha anche rilanciato la mobilitazione popolare a sostegno dei circa cinquemila prigionieri politici palestinesi, tra cui minori e centinaia di detenuti «amministrativi», ossia incarcerati senza aver mai subito un processo. Ieri sono diventati cinque i famigliari – tre dei quali di Mahmoud Arda, del Jihad islami, ritenuto la «mente» dell’evasione – che sono stati arrestati e interrogati per poi essere liberati a fine giornata. La mossa ha alimentato l’accusa lanciata nei giorni scorsi dai palestinesi al governo di Naftali Bennett di voler dare una punizione collettiva alla popolazione sotto occupazione e ai prigionieri nelle sue carceri. E ha gettato benzina sul «Giorno della rabbia» proclamato ieri dalle due formazioni islamiste, Jihad e Hamas, e che ha visto scendere in strada migliaia di palestinesi a sostegno dei prigionieri in fuga. A una ulteriore mobilitazione pensa anche l’Olp. Wasel Abu Youssef, un membro del suo Comitato esecutivo, ha spiegato che «Ciò che serve è una grande manifestazione popolare in tutti i governatorati, tra cui Gerusalemme (Est) e Gaza, a sostegno dei prigionieri…Perché la questione dei prigionieri unisce il popolo palestinese ovunque sia».

Migliaia di palestinesi ieri hanno scandito slogan in appoggio ai sei fuggitivi al termine della preghiera di mezzogiorno sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Qualche ora dopo Hazem Joulani, un medico cinquantenne, è stato ucciso dalla polizia dopo aver ferito con un coltello, secondo la versione data dalle autorità israeliane, un agente di guardia nella città vecchia. I palestinesi smentiscono che Joulani, un medico conosciuto nel suo quartiere, abbia aggredito il poliziotto. Da parte sua la polizia afferma di essere in possesso di filmati delle telecamere di sorveglianza che proverebbero le intenzioni di Joulani.