Domani dalle 10 alle 12 la Federazione nazionale della stampa (Fnsi), il sindacato dei giornalisti, terrà il suo consiglio nazionale a piazza Montecitorio per chiedere un’interlocuzione politica con il governo e il presidente del consiglio Mario Draghi. «Negli anni abbiamo ricevuto molti attestati di stima, ma alle parole non sono seguiti provvedimenti – ha detto ieri il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso in una conferenza stampa. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza alle porte chiediamo quale posto si vuole dare all’informazione. Con il governo ci auguriamo che vogliano avviare un confronto serio sulle criticità del settore» che riassume «in un’assenza sostanziale di politiche del lavoro».

«Il piano di ricostruzione del paese – ha detto Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi – non può essere accompagnato dal piano di destrutturazione del sistema editoriale italiano. Non può avere come finale un algoritmo che immette le notizie e abbatte la funzione critica dei giornalisti». Sono molteplici i problemi sul tavolo del governo. Si va dal «sistema di finanziamento per l’informazione, come i giornali in cooperativa» all’abolizione del carcere per i giornalisti, alle querele bavaglio, dalla riforma dei meccanismi di nomina del cda Rai al precariato e alla legge sull’equo compenso ferma dal 2012.

Il legame con la precarizzazione del lavoro di giornalista e la crisi dell’istituto di previdenza della categoria, l’Inpgi, è diretto. Il 2020 il bilancio dell’Inpgi è stato chiuso in disavanzo di 242 milioni. La scadenza del 30 giugno, dopo si andrà al commissariamento, si sta avvicinando. «Co.co.co. usati spesso in maniera surrettizia per non assumere i giornalisti e usarli nel lavoro subordinato – ha spiegato la presidente dell’Inpgi Marina Macelloni – In dieci anni abbiamo erogato 500 milioni di ammortizzatori sociali: molto di più di quello che ha investito il settore editoriale. Da febbraio dello scorso anno è in piedi un tavolo con il governo, ma ci si concentra solo su ulteriori tagli e non su come fare arrivare più introiti. Se non c’è lavoro, non ci sono contributi e l’Istituto fa fatica a pagare le pensioni. E mancano sempre più i ricavi da contribuiti. Consentire lo smantellamento dell’Inpgi vuol dire mettere a rischio le pensioni di giornalisti in attività, oltre ad aprire la strada alla cancellazione dell’autonomia dei giornalisti».

Tra le proposte c’è l’allargamento della platea dei contribuenti «anche ai comunicatori». Si parla di «13-14 mila persone», ma «si può iniziare dalla metà» delle figure che oggi lavorano nell’informazione ma non sono riconosciute nei termini di lavoro giornalistico e hanno i diritti.

Alla manifestazione parteciperanno l’Usigrai, il comitato di redazione dell’Ansa e il Coordinamento dei collaboratori e precari dell’Ansa, quello dei precari di Repubblica, l’associazione dei giornalisti che si occupano di ambiente e energia (Unaga), quella dei giornalisti pensionati e i rappresentanti dell’ordine dei giornalisti e Stampa Romana.