Fernanda Pivano è una miniera che pare inesauribile. Sono passati più di cinque anni da quando se n’è andata a dormire sulla collina, al cimitero di Staglieno a Genova, dove riposa anche il suo amico Fabrizio De André, e Enrico Rotelli che l’ha accompagnata nel lavoro durante gli ultimi anni, attraverso Michele Concina, ha scovato una cartelletta rossa. Si tratta di Medaglioni, come li chiamava lei, scritti nel 1947 e pressoché inediti.

I medaglioni sono dei piccoli ritratti di personaggi che Nanda ha incrociato e messo su carta con arguzia e intuito. Inevitabile che si tratti di materiali riferiti in prevalenza a personaggi torinesi, per quel che riguarda quel ritrovamento. A questi ne sono stati aggiunti altri scritti in anni successivi e che riguardano diversi ambiti della cultura spaziando dalla musica al cinema, dalla scienza all’architettura. Il risultato è Medaglioni, pubblicato da Skira e a cura di Enrico Rotelli, testi in cui Nanda esprime tutto il suo talento, nutrito di curiosità, intelligenza, acume. Non si tratta solo di aneddoti, ma di racconti brevi dal gusto intenso che fanno davvero venire voglia che non smettano mai tanto sono piacevoli. Si comincia con Jackson Pollock, Pablo Picasso, Keith Haring, Andrea Pazienza raccontati come nessuno potrà mai fare, ma ci sono anche Renato Guttuso, Bruno Cassinari e altri ancora, passando per un altro grande amico come Andy Warhol.

In ambito editoriale viene spezzata una lancia a favore di Enzo Biagi, che su Epoca le fece pubblicare il primo articolo su Kerouac, nonostante il parere contrario del direttore. Poi Longanesi, Bompiani, Feltrinelli, Einaudi, Mondadori, intesi come Leo, Valentino, Giangiacomo, Giulio, Arnoldo, ossia non le case editrici, ma i loro creatori. E si scopre che Giangiacomo in un night romano interviene per difendere Kerouac «picchiato per via di una ragazza». O che Gianni Agnelli è stato definito matto da Marcel, il merlo indiano poliglotta dell’Hotel du Cap.

Nanda poi era anche simpaticamente vezzosa, non amava i gioielli costosi ma i monili sì. Oggi tutti conoscono Paco Rabanne, ma pochi sanno che lei incuriosita da un paio di orecchini «quadrati, di rodoid arancione coi cerchietti di rodoid bianco e rosa agganciati l’uno sopra l’altro», andò a casa sua, e non fu facile trovarla «perché nessuno sapeva chi fosse». «Era domenica, sulla porta naturalmente non c’era nessuna targa e venne a aprire un giovanotto alto, coi baffi neri e grandi occhi bruni un po’ sorpresi e un po’ stanchi». Era lui, che la crede una giornalista di moda, poi si chiariscono, diventano amici e Nanda aggiunge «in una casa così, non c’era posto per bijoux ipocriti, come perle finte che sembrano vere o gli strass che cercano di passare per diamanti e così via. (…) Paco Rabanne li aborriva, aveva fatto gioielli dichiaratamente toc, falsi, senza pretese di imitazione».

Ma gli aneddoti più buffi riguardano il «supermaliardo» Marlon Brando che arriva con il vicino di casa Bernardo Bertolucci creando trambusto nel condominio e Marlene Dietrich, avvicinata in aereo per chiacchierare di un amico comune: Ernest Hemingway. Ecco qui sta la Nanda, così curiosa da rivolgersi a un mostro sacro come la Dietrich, struccata, nonostante non la conoscesse, ma sicura di creare un feeling con lei infatti alla fine le due si salutano da amiche, anzi con Marlene «cara, bella, intelligentissima» che strizza l’occhio a Nanda come se si fossero conosciute da sempre. Per fortuna, pur mancandoci molto, la Nanda continua a offrirci il piacere di leggere e di conoscere e i suoi Medaglioni di carta, inchiostro e anima sono più preziosi di qualsiasi gioiello.