Le bandiere di Fiom, Fim e Uilm sono state subito appese alle finestre della direzione aziendale. Un segnale chiaro, per far capire anche ai distratti che la pazienza degli operai delle Acciaierie è prossima a finire. Per il momento, dopo una infuocata assemblea in fabbrica, la Rsu ha avuto il mandato di occupare solo gli uffici del management ex Lucchini.
Se però non saranno ordinati entro domani i carichi di materie prime necessarie a tenere in funzione l’altoforno, la protesta dovrebbe allargarsi a macchia d’olio nell’intera, gigantesca, cittadella piombinese dell’acciaio. Una nave carica di materiale ferroso dovrebbe attraccare nelle prossime ore. Ma il ciclo continuo del secondo polo siderurgico del paese ha bisogno di rifornimenti costanti. Ordinativi che il commissario straordinario Piero Nardi, silenzioso e sempre più pilatesco, è ormai obbligato a controfirmare. Pena la rivolta di una intera città.

Dietro le evidenze di una situazione kafkiana, si affacciano i cattivi pensieri. Espressi con inusitata durezza da Luciano Gabrielli: «Ora abbiamo il sospetto che qualcuno giochi in maniera sporca». Parole di un sindacalista anziano, esperto e prudente. Segretario di una Fiom che da queste parti ha sempre lavorato con Fim e Uilm, pronta a sua volta a rilanciare l’allarme: «È assurdo – osserva il segretario nazionale Mario Ghini – che si finisca sempre fuori tempo massimo nel prendere decisioni utili alla realtà industriale del paese».
I ritardi nella prenotazione di nuovi carichi di materiale per tenere acceso l’altoforno sono la punta di un iceberg pericolosissimo. Questo pensano i lavoratori delle Acciaierie, i loro rappresentanti sindacali e le segreterie nazionali metalmeccaniche di Fiom e Uilm. A nessuno sfugge che, scaduti i termini delle offerte per l’acquisto della ex Lucchini, l’unica che prospetta il mantenimento del ciclo continuo è quella dell’imprenditore giordano Khaled al Habahbeh e della società tunisina Smc. Unici a metterci la faccia con il commissario Nardi, il presidente toscano Rossi e il sindaco Anselmi. Con una offerta miliardaria, seppur da definire nei particolari, e la precondizione che l’area a caldo resti operativa.

«Il governo ci deve garantire – scandisce Luciano Gabrielli – che sia rispettata la pari dignità delle offerte». Perché la chiusura dell’altoforno farebbe decadere, di fatto, l’offerta araba. Che per Piombino pensa in grande. Con una sinergia anche istituzionale – sul già consolidato asse Toscana-Ue in tema di siderurgia – tesa ad affiancare all’area a caldo un nuovo forno elettrico per il nascente polo della rottamazione navale, e il futuro impianto Corex di nuova generazione.

Una proposta seducente anche per tutte le forze politiche locali, che insieme ai 5.000 lavoratori diretti e dell’indotto non apprezzano le altre due offerte di Duferco e fondo Klesch, pronti entrambi a smantellare l’altoforno. «Gli operai hanno fatto bene a occupare la direzione aziendale”, commenta a caldo il governatore Enrico Rossi. Mentre Fiom & c. incontrano il prefetto di Livorno, e anche Maurizio Landini lancia il suo sos: «È necessario che il governo intervenga subito sul commissario Nardi, perché si acquistino le materie necessarie al mantenimento dell’altoforno».