Sento doppio non è un album semplice. Realizzato, in cd e in vinile e con qualche sottile differenza nelle rispettive track-list, dal duo John De Leo e Fabrizio Puglisi, l’album si connota ai ripetuti ascolti come un magnifico cassettone di modernariato sonoro. Detta così può apparire un’affermazione di segno negativo, ma ciò invece palesa – controcorrente – un rimodellamento progettuale dei brani, dato dalla raffinata produzione e operato sulla consapevolezza di aver attraversato per scopo territorialità musicali trasversali.

Qui, l’ormai proverbiale sperimentalismo vocale di De Leo, conosciuto sia ai tempi della militanza nei Quintorigo sia nei suoi due album solisti (Vago Svenendo, la cui title track è qui ripresa come epilogo e punto di ritorno ab initio, e il magnifico «condominio» musicale del Grande Abarasse) s’infrange e si fonde con la volatilità eclettica del pianismo di Puglisi. L’utensileria elettronica, adoperata con sapiente misura, sposta l’asse temporale dalla citazione alla contemporaneità. Ecco affacciarsi quel design sonoro che dà «artisticità» all’aver evocato il moderno (e si sa come oggi la musica di un passato anche recente venga considerata come un qualcosa che ritorna in commercio nel suo disfacimento patetico e illusorio di una grandezza che solo l’irripetibilità di ogni periodo ha potuto consegnare all’orecchio dei posteri).

Dunque, non è un caso se la scaletta dei brani suona di volta in volta jazz, prog, contemporaneo (ed in paio di brani originali Escargot Cris Other Shapes (searching for) ospite speciale è Gianluca Petrella, forse il più sperimentatore dei musicisti jazz sulla piazza) pescando e mischiando Bernstein con Coltrane , quest’ultimo ripreso nel Monk di Crepuscule with Nellie (nell’originale Trane era parte del gruppo del pianista-compositore di Round Midnight). Mentre i brani originali del duo hanno la funzione di moltiplicatori di energia e di collegamento e tessitura tra le varie componenti strumentali e vocali.