La mossa di Bachar al-Assad, che sulla tv Russia 24 ha annunciato che accetta il piano russo e che invierà all’Onu i documenti necessari, tende ad anticipare il contenuto del rapporto degli esperti Onu, che secondo il ministro degli esteri francese Laurent Fabius, dovrebbe essere reso noto lunedi’? Foreign Policy anticipa che questo rapporto contiene “prove convergenti” contro il regime siriano per la responsabilità dell’attacco chimico del 21 agosto, mentre l’ultimo rapporto della Commissione d’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Siria, espressione dell’Onu, ha denunciato “crimini contro l’umanità” da parte delle forze governative e “crimini di guerra” da parte dell’opposizione per il periodo 15 maggio-15 luglio (l’inchiesta è stata realizzata attraverso testimonianze raccolte a distanza, perché Assad non impedito la Commissione di indagare sul terreno).

In queste ore, c’è uno spiraglio per la diplomazia. A Ginevra si sono incontrati ieri sera Serguei Lavrov e John Kerry, dopo incontri separati del ministro degli esteri russo e del segretario di stato Usa con Lakhdar Brahimi, inviato in Siria dell’Onu e della Lega Araba. I colloqui tra Lavrov e Kerry proseguono oggi e potrebbero prolungarsi anche domani. Obama ha detto di attendere “risultati concreti”, dopo aver giudicato la vigilia “credibile” la proposta russa.

La Russia ha presentato il suo piano di uscita dalla crisi, che vuole essere una risposta al piano francese, giudicato “inaccettabile” da Putin. Il piano russo è in quattro tappe: prevede prima di tutto l’adesione della Siria alla Convenzione del ’93 che mette al bando le armi chimiche, a tutt’oggi firmata da 189 paesi, di cui pero’ due – Israele e la Birmania – non l’hanno poi ratificata, mentre non è stata sottoscritta oltreché dalla Siria, anche da Corea del Nord, Sudan del Sud, Egitto, Angola e Libano (Israele ha fatto sapere ieri che non intende ratificarla fino a quando tutte le armi chimiche detenute dai suoi vicini non saranno state distrutte). La seconda tappa è la localizzazione degli stock e dei luoghi di produzione, seguita dall’autorizzazione data agli ispettori Onu di recarsi in Siria e, in ultimo, dalla distruzione delle armi. La proposta francese, che non ha entusiasmato neppure gli Usa, prevedeva invece il ricorso alla forza in caso di violazione degli accordi da parte della Siria, in nome del capitolo VII della Carta dell’Onu, proposta appoggiata anche da Londra. Putin ha messo in guardia, in un intervento pubblicato sul New York Times: “un attacco eventuale della Siria da parte degli Stati uniti – ha scritto il presidente russo – malgrado la ferma opposizione di numerosi paesi e dirigenti politici e religiosi di primo piano, come il papa, farà vittime innocenti e provocherà un’escalation, rischiando di estendere il conflitto al di là delle frontiere della Siria”. Putin continua ad affermare che i gas tossici sono stai usati dall’opposizione, come “provocazione” per favorire un intervento internazionale. In attesa di saperne di più dal rapporto degli esperti Onu, è un dato di fatto che ormai anche la Russia e la Siria ammettono che ci sono le armi chimiche e che sono state usate. “Nessuno dubita che del gas tossico sia stato usato in Siria” ha scritto Putin. Ieri, delle foto di un’esecuzione di un miliaziano di Assad da parte dei ribelli vicono ad Aleppo, pubblicate su ParisMatch, hanno scosso un po’ le certezze francesi. Hollande ha aperto a una “soluzione politica”, anche se afferma che “mantiene la pressione”.  Lavrov, che è un diplomatico di lungo corso già con incarichi ai tempi dell’Urss, ha affermato ieri che “c’è una possibilità di pace e non bisogna lasciarla passare”. La delegazione statunitense ha sottolineato le difficoltà oggettive che rappresenta l’ipotesi di una distruzione delle armi chimiche siriane, “forse il più grande arsenale al mondo”, secondo William Hague, ministro degli esteri britannico. I 15 giorni dell’ultimatum francese sono evidentemente troppo brevi. Nei fatti, per arrivare fino in fondo al piano russo ci vorranno anni. Un esperto dell’Iiss (Istituto internazionale di studi strategici), Mark Fitzpatrick, afferma che sarà “immensamente difficile” neutralizzare l’arsenale chimico di Damasco. Per il Parlamento europeo, che ieri ha discuso sulla Siria, la risposta militare “non deve essere esclusa”, resta un “deterrente”. Il Parlamento europeo ha chiesto agli stati della Ue di aumentare l’aiuto ai rifugiati siriani. La Francia, in prima fila nella linea dura ma molto in ritardo sull’accoglienza dei rifugiati, ha dovuto accettare di rendere più facile la richiesta di asilo.