Nessun rischio di intercettare atmosfere sospese, evocative e nostalgiche nelle fotografie che mappano i ricordi «randomici» dei viaggi che Gianpaolo Arena (Treviso 1975) ha fatto in Vietnam nel 2013, 2015 e 2018. Un ritmo sincopato accompagna lo sguardo dell’autore per le vie di Ho Chi Minh e Hanoi «dove l’odore del gasolio bruciato di mille motorini ronzanti si mescola a quello della citronella tritata e arrostita». È proprio questa frase ad ispirare il titolo del libro A Folktale from Vietnam: Speeding Motorcycles and Roasted Lemongrass (The Velvet Cell, 2021), il cui concept/design è firmato da Chiara Capodici. Fotografo e architetto (dal 2010 è editore del magazine Landscape Stories), Gianpaolo Arena affida la potenza di questo racconto visivo, in cui vengono intercettati diversi aspetti della società vietnamita contemporanea, all’ibridazione di musiche e suoni mescolati agli odori e alle sollecitazioni visive che non celano la soggettività.

«A Folktale from Vietnam disegna un percorso interiore, anche se lo fa attraverso spazi e paesaggi: un viaggio in cui non c’è la pretesa di svelare l’essenza di un luogo, c’è il desiderio di raccontare una trasformazione personale, provando a rappresentare frammenti di quell’altrove che l’ha provocata», come scrive Arena. Memore della lezione di Guido Guidi sui «non luoghi», territori marginali di transizione dell’individuo della «nuova modernità» (secondo la definizione di Marc Augé), ma anche dell’insegnamento di Mario Cresci, Marco Zanta, Simon Roberts e Andrew Phelps, il fotografo alterna inquadrature urbanistico-architettoniche (dalle case tradizionali Nha Ong dette anche a «razzo» o a «matita», agli avveniristici skyline metropolitani) per soffermarsi sui ritratti della gente, in strada e negli ambienti privati, allontanandosi e avvicinandosi al soggetto che partecipa – consapevole – al gioco di sguardi. In questa narrazione fluida si perdono i confini tra nomi di luoghi e persone, date… elementi che s’intrecciano tra loro creando un cortocircuito «di senso e rappresentazione». Il critico fotografico Fabio Severo nel suo saggio Una geografia privata afferma che «c’è il proprio sguardo sulle cose, c’è il confronto con ciò che non si conosce, diviso tra la reazione istintiva ai luoghi e la memoria iconica che portiamo con noi nel viaggio; infine c’è il proprio stile fotografico».

È ancora Severo a parlare di «interpretazione minimalista di luce e colore». Adottando il formato quadrato, inoltre, Gianpaolo Arena non si sottrae a regole compositive più rigide. Anzi, proprio attraverso l’allusione ad un’eventuale staticità di questa forma geometrica, lascia affiorare la percezione vibrante di un movimento che è insito nella dialettica narrativa. In un presente in bilico tra passato e futuro, come quello descritto in A Folktale from Vietnam, la spontaneità deve fare i conti con il dogma del capitalismo, la tradizione con la propaganda, l’identità con l’inquinamento, il caos con la melodia. Nel testo Vietnam: lo sviluppo urbano fra tradizione e globalizzazione (altro saggio che accompagna il linguaggio fotografico, insieme a Sulle tracce del paesaggio sonoro vietnamita di Francesco Bergamo) l’autrice, Simona Galateo, precisa:

«Tra segni di comunismo e desiderio di consumismo, negli ultimi vent’anni il Vietnam sta vivendo una delle transizioni urbane più vigorose del sud est asiatico, legata ad uno straordinario e costante sviluppo economico che secondo le previsioni si rafforzerà ancora nei prossimi decenni.
Se da una parte la crescita economica del capitalismo asiatico ha portato numerosi benefici per l’intero paese, dall’altra sono sempre più evidenti tutte le fragilità che uno sviluppo urbano così repentino e aggressivo ha generato. Tuttavia, è proprio nelle contraddittorie intercapedini tra questi due aspetti che si sono definiti l’identità e il carattere urbano delle città vietnamite e dell’intero paese».

Mentre s’affaccia l’ipotesi di un futuro post pandemico del Vietnam come possibile nuova «tigre asiatica», la tigre bianca è lì che ruggisce, in primo piano nella copertina di questo «racconto popolare». Non è un caso, certamente. Poco importa che sia solo dipinta.