Finalmente è arrivato anche negli Stati Uniti il momento di festeggiare il centenario dalla nascita di Gianni Rodari. Non a torto, il professore di letteratura tedesca e letteratura per l’infanzia Jack Zipes ha definito lo scrittore omegnese come un «famoso sconosciuto». Recentemente la rivista specialistica Marvels & Tales ha dedicato vari saggi all’opera di Rodari e, lo scorso settembre, è uscita la prima traduzione di Favole al telefono/Telephone Tales della casa editrice indipendente Enchanted Lyon Books.

NEL 1965 UNA SELEZIONE delle sue storie, ormai fuori catalogo, era stata pubblicata dalla casa editrice inglese Harrap, ma nemmeno il premio Hans Christian Andersen, «Nobel» per la letteratura dell’infanzia, ricevuto da Rodari nel 1970, gli aveva aperto le porte del mondo letterario statunitense. Di fatto, il lavoro dell’eclettico intellettuale italiano è stato ignorato oltreoceano fino a oggi.

Che Rodari sia difficile da tradurre, con il suo uso rivoluzionario della parola, frutto di una creatività impossibile da imbrigliare, è forse solo uno dei motivi della sua assenza nel mondo anglofono. I due bambini in «Brif, bruf, braf» che inventano una loro lingua segreta e si dicono «maraschi, barabaschi, pippirimoschi» porrebbero certamente un problema a chiunque volesse rendere la storia in un altro idioma. Tuttavia, come scrive il traduttore Antony Shugaar, Rodari «ti invita a giocare» con le parole, ti sfida quasi divertito, ma nelle sue scelte stilistiche è sempre possibile ritrovare una griglia interpretativa universale. La lingua quindi non è tutto. Lo humor di Rodari, intriso di cultura italiana, il sentimentalismo e l’adesione al partito comunista hanno probabilmente contribuito alla mancata diffusione del suo lavoro in America.

Allo stesso modo, lo sconfinato successo nei paesi dell’ex blocco sovietico e il suo fiero antiamericanismo del secondo dopoguerra hanno senza dubbio pesato sulla fama di Rodari al di là dell’Atlantico. Come ricorda Vanessa Roghi in Lezioni di fantastica, «in quegli anni Rodari concepiva la modernità americana come intrinsecamente ingiusta, fondata su uno spietato individualismo e incapace di produrre una società solidale. Al contrario, almeno nelle prime decadi del dopoguerra, lo scrittore trovava nell’Urss un universo nel quale «educazione alla lettura, attenzione all’infanzia, rinnovamento della scuola e del ruolo degli intellettuali» avrebbero portato a un radicale cambiamento societario.

Favole al telefono uscì in Italia nel 1962. Esempio delle «premesse costruttive descritte nella Grammatica della fantasia», questo testo fu tradotto in inglese da Zipes nel 1996 e verrà ripubblicato da Enchanted Lyon nel 2021. Grazie alla sua fresca attualità, da oltre cinquant’anni Favole al telefono continua a esercitare un grande fascino sul pubblico italiano e straniero. Le settanta storie sono abbastanza brevi da permettere al ragionier Bianchi di utilizzare un solo gettone telefonico per chiamare la sua bambina che non riesce a dormire senza la storia serale narrata dal padre lontano.

Alcune di queste erano già state pubblicate nel Corriere dei piccolissimi nel 1961, e avevano contribuito a far conoscere al grande pubblico personaggi centrali dell’universo rodariano, come Giovannino Perdigiorno e Alice Cascherina.

Uscite nella celeberrima collana Einaudi gli Struzzi, queste «storie nate dallo scontro occasionale di due parole, storie costruite per ricalco, o per rovesciamento di altre storie», sono dei veri e propri «giocattoli letterari», di una scrittura nitida, dove quotidianità e allusioni sono sapientemente dosate, e l’intimità della lettura del singolo si mescola all’universalità del messaggio tramandato.

PER RODARI LA SCRITTURA è intimamente legata all’impegno civile. Ne è testimone l’ultima fiaba della raccolta, «Storia universale», che traccia il cammino dell’umanità verso la realizzazione di se stessa: non si tratta del cammino dell’individuo, ma di una collettività impegnata a costruirsi pacificamente e nel pieno rispetto della diversità dei singoli. Qui, come in molti altri racconti, si ritrovano gli ideali civili e pedagogici di Rodari, il suo attivismo e il profondo rispetto per l’individualità del bambino da cui parte il progetto di rinnovamento dello scrittore. C’è anche il Rodari che si affianca e collabora con il Movimento di Cooperazione Educativa, che celebra la profonda dignità del fanciullo, il rispetto per le sue idee e la sua intelligenza quali punti di partenza di una rivoluzione educativa e sociale. E poi il Rodari che pensa alla scuola come uno dei centri propulsivi del cambiamento, come luogo aggregante ed equalizzante, come edificio bello e pieno di dignità, che permette la crescita non solo del bambino, ma dei genitori e delle famiglie tutte che sono chiamate a farne parte.

PUR NEGANDO L’INTENTO politico nella scelta di pubblicare Telephone Tales, Claudia Bedrick, direttrice di Enchanted Lyons, riconosce che tale dimensione è imprescindibile in Rodari e che questa permea ogni storia della raccolta. Ce lo ricorda Anna Momigliano in un articolo per il New York Times: nella favola «Il paese senza punta», Giovannino Perdigiorno viene multato da una guardia municipale, disarmata e gentilissima, per aver colto una rosa e la sua pena è di darle due schiaffi. Secondo la giornalista la storia non può che proporsi come riflessione sugli episodi di violenza da parte delle forze dell’ordine che hanno scosso le fondamenta del paese e che hanno portato a manifestazioni nazionali e internazionali contro una pratica fondata spesso sulla discriminazione.

Per Rodari, la scrittura, questo suo gioco fantastico, abbatte barriere e supera confini sia ideologici che linguistici, travalica differenze generazionali, fino a coinvolgere ugualmente grandi e piccini, ed è per questo un atto politico. La missione di far conoscere genti di diversi paesi spetta per Rodari ai bambini. Cerca infatti i tratti comuni nelle libere espressioni della fantasia, nei giochi e nelle rime al fine di costruire nuovi modi di comunicare e di progettare una «casa comune» non solo italiana, ma Europea e mondiale.

Il viaggio in Cina nell’autunno del 1971 con uno dei primi visti turistici dopo la rivoluzione culturale, raccontato da Rodari nelle pagine di Paese Sera, e quello in Urss nel 1979 per descrivere il sistema educativo sovietico, gli permettono di mettere a frutto con i giovani le sue tecniche di scrittura, di parlarci senza conoscere la loro lingua: per esempio, far inventare una storia a partire da alcune parole scritte alla lavagna, il gioco del «cosa succederebbe se». Far lavorare insieme la fantasia diventa laboratorio per una lingua universale, accogliente, che crea comunità e avvicina le persone. È forse proprio questo il messaggio di cui il pubblico anglofono dovrà far tesoro.

«Cipollino nel paese dei soviet»

Nel 1951 Gianni Rodari pubblicò «Il romanzo di Cipollino» (divenuto in seguito «Le avventure di Cipollino»). Il libro ebbe in Italia un discreto successo, ma in Unione Sovietica divenne famosissimo. Quasi a voler ricambiare questo grande amore, il poeta di Omegna disseminò nelle sue opere una miriade di riferimenti letterari, storici, culturali e geografici all’Urss e al suo popolo, dei «sassolini russo-sovietici» che Anna Roberti, autrice del libro «Cipollino nel Paese dei Soviet» (uscito per Lindau), ha cercato e raccolto. Roberti ha poi ricostruito i numerosi viaggi di Rodari oltre cortina, con testimonianze dirette e aneddoti. Secondo Rodari, l’Urss, più di altri paesi, aveva colto l’aspetto fantastico dei suoi libri. Una convinzione documentata con una rara intervista che completa il volume.