Era il pianista compositore performer che cercava il piacere, anzi il godimento. In musica. Edonista per lui era un complimento. Giocava sul terreno dell’avanguardia fuggendone tutti gli aspetti austeri. Giancarlo Cardini è morto ottanduenne. Solo. Triste. Una fine contraria alla sua vita elettrizzante. Anche se una certa vena da solitario (fragile, freddoloso e un po’ brontolone) nel quotidiano ce l’aveva. Desideroso di godimento e rigoroso interprete oltre che puntuale saggista. Questa accoppiata, del resto – edonismo e profonda serietà –, è tutt’altro che inedita. Alle larghe masse di pubblico Cardini apparve una sola volta: durante il concerto in memoria di Demetrio Stratos il 14 giugno 1979 all’Arena di Milano. Nell’occasione interpretò una scapestratissima (aggressiva) Novelletta di Sylvano Bussotti e un paradossale dadaista Solfeggio parlante di Paolo Castaldi. Non era il genere di pubblico adatto nonostante fosse lì a ricordare lo sperimentatore Stratos. Si udì qualche fischio, parecchi erano sconcertati dal provocatorio (alla rovescia) frac da concertista classico che Cardini ostentava. Per il resto della sua bellissima carriera i club e i teatri votati alle musiche nuove, spesso gremiti ma non di folle oceaniche, erano la sede delle sue esibizioni.

SATIE, CAGE, FELDMAN erano naturalmente i numi di Cardini. Li suonava come era nelle sue corde: senza squarci dirompenti ma con l’amabilità e il gusto della compassatezza arguta, da uomo di scena, che secondo lui richiedevano (e non aveva torto). Come autore puntava spesso al teatro da camera, sventato e gentile, cerimoniale e decorativo. Una delle sue opere recenti di questo tipo si è ascoltata-vista alla Biennale Musica del 2011: Neo haiku suite per pianoforte, fiori, luci, oggetti. Cardini si muoveva sul palco con gesti rituali senza grazia né solennità. Però tutto era molto serio, il mistero era ciò in cui si invitava a credere, il rimando a certo oriente molto cageano era autentico. Ma con un tasso di irriverenza. Di sé scrisse una volta e fu riportato nelle note di copertina di un Lp della Cramps (la gloriosa etichetta milanese delle musiche avanzate trasversali e «di movimento»): «… una delle mie costanti il far compiere al professore, all’uomo grave, al sapiente, cose frivole…». Faceva parte della corrente toscana di Fluxus insieme a musicisti come lo stesso Bussotti, Giuseppe Chiari, Daniele Lombardi, Albert Mayr, Pietro Grossi. Tra le musiche di Cardini registrate le ultime sono quelle comprese nell’album Lento trascolorare (2020) affidate alla pianista Agnese Toniutti. Il clima dominante è la meditazione quieta, assorta, attenta. Un sapiente che fa cose non frivole: preziose casomai.