Sciopero di otto ore, oggi, e manifestazione davanti al Gse, il Gestore dei servizi elettrici: i cento operatori del contact center chiedono il riconoscimento dei propri diritti. Hanno già dalla loro una prima sentenza, del mese scorso, che ha dichiarato illecito l’appalto per cui lavorano e disposto l’assunzione diretta di 14 dipendenti presso lo stesso Gestore. Ora chiedono un tavolo di trattativa, visto che in ogni caso altre 88 cause andranno a sentenza l’8 febbraio prossimo.

Il Gse, di proprietà pubblica – del ministero dell’Economia – è l’ente che assegna gli incentivi alle energie rinnovabili. Un delicato lavoro di valutazione delle domande avanzate da privati e imprese in cui sono coinvolti gli stessi operatori del contact center, esperti del settore e delle normative che lo regolano, non semplici telefonisti. Eppure da sette anni vengono sballottolati da un appalto all’altro, devono subire continui fallimenti societari, vivono in un costante stato di precarietà, senza contare che è sempre stato negato loro il contratto e i trattamenti che toccano ai dipendenti diretti Gse.

Che svolgano di fatto lavoro subordinato per la Gse, con semplici intermediari che sono stati via via interposti come appaltatori, da un mese non è più solo una opinione del sindacato: il 16 novembre scorso, infatti, la sentenza del giudice Antonio Maria Luna, Prima sezione Lavoro del Tribunale di Roma, ha sancito che dal 2010 i 14 operatori che hanno fatto causa erano impiegati presso un appalto illecito. È stato disposto così l’immediato reintegro diretto presso il Gse, operativo già dal primo dicembre ma a far data dall’inizio del primo appalto: applicato il contratto elettrico, quello valido per gli altri dipendenti Gse, e il rimborso delle differenze salariali e contributive pregresse.

Per altri 88 dipendenti, assistiti come i primi 14 dallo studio legale Panici, la sentenza è attesa in febbraio. Intanto continuano a lavorare a Roma presso l’azienda che quest’anno è subentrata nell’appalto, il gruppo Almaviva: colosso dei call center e dei servizi Ict noto per la vertenza che nel dicembre 2016 aveva portato al licenziamento di 1.666 operatori proprio sulla Capitale.

Ma prima di approdare in Almaviva, gli operatori Gse erano già transitati attraverso diverse società, via via fallite: da Gs e Irpe alla Xynesis, fino alla Fulltechnology. Entrando nel gruppo Almaviva hanno conservato i contratti che avevano precedentemente – metalmeccanico al secondo livello, buoni pasto – e mantenuto l’articolo 18 grazie a un accordo in deroga al Jobs Act. A questo punto anche gli 88 che attendono la sentenza in febbraio chiedono però di essere assunti in Gse.

«Il Gse potrebbe internalizzarci tutti, come è già avvenuto per i primi 14, per questo scioperiamo e chiediamo un tavolo – spiega Rosetta Ferra, Rsa Fiom Cgil – Invece di aspettare la sentenza dell’8 febbraio potrebbe assumerci spontaneamente, risparmiando ulteriori spese a carico del pubblico».

Tra l’altro per i primi 14 assunti si è aperto un problema relativo ai contratti: «Sono stati assunti correttamente con il contratto elettrico, come ha disposto la sentenza – aggiunge la rappresentante Fiom – ma al livello C1, pari a quello di un aiutante che viene fuori da un breve tirocinio. Noi però lavoriamo per il Gse da sette anni».

Esercitando peraltro funzioni non da semplice call center, ma – come ha riconosciuto la sentenza – di «attività ordinaria dell’azienda». «Valutiamo le domande di accesso agli incentivi – conclude Ferra della Fiom – Quando le respingiamo, siamo noi stessi a rispondere. Se le approviamo, vengono girate a un funzionario Gse per l’invio alle prefetture. Abbiamo svolto di persona l’accoglienza al pubblico nella sede del Gse, senza nessuna specifica che fossimo in appalto».
Se il Gse non accettasse di trattare, comunque l’8 febbraio potrebbe ritrovarsi ben 88 nuovi dipendenti diretti.