La terra in cui si nasce è per forza il luogo in cui ci si riconosce? Non esiste nessuna risposta che possa soddisfare un sentire comune nel romanzo Gente alla buona di Mattia Grigolo (Fandangolibri, pp. 208, euro 16,50), perché la comunità di un piccolo paese della Bassa Padana è destinato a fare i conti per sempre con due morti che si traducono in una tragedia esistenziale, dove un omicidio viene confessato e un altro alterato. Tutti sono protagonisti nel racconto di Grigolo, dove un coro di voci trasmuta nel percorso di tre amici che, come i loro padri hanno fatto prima di loro, crescono assecondando ciò che la cultura del posto consente.

IL RITROVO AL SICURO resta sempre lo stesso, in ogni cambio di generazione: l’osteria dell’Anna, che fedele accoglie tutti i paesani, ne conosce ogni segreto e tace dietro ai calici che versa stoica e impenetrabile. Padri, figli, amici, nemici, preti e poliziotti si ritrovano nel bar del paese lanciandosi occhiate colme di parole, lasciando dilagare il silenzio tipico di chi le parole però non le sa mettere insieme, chiedendo spesso aiuto a don Maurizio, il prete che simbolicamente rappresenta il conflitto di interessi di chi ha commesso un omicidio e di chi invece se n’è assunto la colpa per amore.

A rimetterci sono sempre i più fragili, chi perché nato «storpio» e «ritardato», chi perché «forestiero», non appartenente alle radici del paese, seppur cresciuto lì. Mattia Grigolo ancora una volta imprime la pagina bianca con una sintassi immediata, una narrazione feroce che ricorda La malora di Fenoglio, nella brutalità degli eventi tanto quanto nell’incarnazione del linguaggio di un paese che si traduce quasi sempre e quasi ovunque in una cattiveria dettata dall’ignoranza, in un senso di appartenenza suggerito dall’inconsapevolezza. Eppure è «gente alla buona», perché cieca di fronte alle immense possibilità del mondo, «sempre dentro il confine, che fuori scotta».

QUEL CHE RESTA è la condanna della memoria, l’antica ira «che si nutre delle debolezze», lo sradicamento di chi se n’è andato per dimenticare quelle morti senza riuscirci, destinato a ritornare là dove tutto è accaduto. Perché «la gente di paese fa fatica a dimenticare le cose»; il paese è «i suoi codici, la sua forma, l’amalgama di tutti quando tutti sono uno solo, anche chi non c’è più, chi non c’entra, chi sta dormendo, chi è lontano, chi è già morto e chi deve ancora nascere».