Era tra i primi nella lista degli «impresentabili» perché figlio del deputato Francantonio Genovese, finito in carcere in una inchiesta sui corsi d’oro nella formazione professionale in Sicilia. Ma nei comizi a Messina, Luigi Genovese jr aveva affrontato le critiche con la sfrontatezza dei suoi 21 anni. «Sono abbastanza sereno e incensurato», aveva risposto ai 5 Stelle che lo incalzavano. Dalle urne è poi uscito con un malloppo di quasi 18 mila preferenze, recordman tra i forzisti alle recenti elezioni regionali in Sicilia. Con la soddisfazione di suo padre che quando si candidò col Pd ne prese 20mila di voti, salvo poi passare a Forza Italia quando i dem diedero l’ok alla Camera per l’autorizzazione a procedere nei confronti del deputato che poi fu arrestato.

IL RAMPOLLO ORA È NEI GUAI, come il padre, la madre e altri familiari. Sono indagati a vario titolo per riciclaggio, auto-riciclaggio, sottrazione fraudolenta di beni ed evasione fiscale. Il neo deputato avrebbe fatto da testa di legno in una serie di operazioni societarie che avrebbero consentito alla famiglia di portare all’estero e nascondere al fisco 16 milioni di euro. A scovare il denaro è stata la guardia di finanza, su delega della Procura di Messina. Ai Genovese sono stati sequestrati 30 milioni di euro. Il tesoro è stato scoperto in Svizzera, soldi che secondo gli investigatori Genovese senior avrebbe accumulato in anni di evasione fiscale. I finanzieri hanno trovato una polizza assicurativa di 16 milioni, praticamente l’importo del denaro paterno, stipulata nel 2005 con la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd da Francantonio Genovese. «Il prodotto finanziario – spiegano gli inquirenti – è, palesemente, finalizzato ad occultare capitali all’estero».

CONTINUANDO A SCAVARE gli investigatori hanno scoperto che, a partire dal 2013, sono stati spostati oltre 10 milioni dalla Svizzera su un conto della banca Julius Bar, intestato alla società panamense Palmarich Investments S.A. e riconducibile a Francantonio Genovese e a sua moglie. Il deputato ha parlato di una eredità del padre che, però, all’epoca era ancora in vita. Per anni il parlamentare avrebbe prelevato soldi, tanti soldi, circa 8 milioni. Spese familiari, sostiene. «Andavamo a molti matrimoni e poi la mia attività politica è dispendiosa», reagisce. Ma per la finanza è una giustificazione inverosimile. «E’ evidente che i prelevamenti appaiono, in prima battuta, finalizzati a smobilizzare l’investimento estero con finalità di ulteriore riciclaggio e auto-riciclaggio», ragionano gli inquirenti.

INSEGUITO DAL FISCO che gli contesta un’evasione di 20 milioni, Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale, si sarebbe spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, attraverso la società schermo Ge.fin srl (ora L&A Group srl) e Ge.pa. srl, di cui deteneva il 99% e il 45% delle quote sociali, trasferendo le quote al figlio Luigi. Il gip, che parla di pervicacia criminale e non risparmia critiche pesantissime ai Genovese, è certo che il giovanissimo deputato dell’Assemblea regionale siciliana fosse consapevole di quel che faceva. «Il suo notorio ingresso in politica, il modo spregiudicato di acquisizione della ricchezza, danno la probabilità, sia pur per la visione cautelare di protezione dei beni e dei soldi dovuti allo Stato, che si verifichi la stessa attività del padre», scrive il gip.

ALLA FAMIGLIA GENOVESE sono stati sequestrati più di 25 milioni in contanti su conti Julius Bar di Montecarlo, Unicredit, Banca di credito peloritano a Messina. E ancora: la villa di Ganzirri dove la famiglia abita, alcuni appartamenti tra Roma, Messina e Taormina, le quote societarie della L&A e della Gepa, trasferite al figlio Luigi, il patrimonio al quale la Guardia di Finanza di Messina ha posto i sigilli in esecuzione del provvedimento disposto dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti con il visto del procuratore De Lucia.