«Carta canta» esclama il ministro delle infrastrutture Toninelli, mentre pubblica su twitter la «prova» delle «pressioni» che avrebbe ricevuto per non pubblicare gli ormai famosi allegati finanziari alle convenzioni tra l’Anas e le concessionarie autostradali. La sua denuncia di «pressioni interne ed esterne», ripetuta martedì in aula alla camera, aveva provocato la reazione delle opposizioni che probabilmente non si erano accorte che le stesse parole il ministro aveva già usato il 27 agosto davanti alle commissioni parlamentari.

E infatti non c’è nessuna sorpresa nello scoprire che queste «pressioni» altro non erano che le lettere di diffida prima dell’Aiscat (l’associazione tra i gestori) e poi di Autostrade per l’Italia, indirizzate al ministero, ma molti mesi prima che arrivasse Toninelli. La «prova» che il ministro grillino esibisce, la «carta» che dovrebbe «cantare», e cioè la lettera dell’Aiscat che minaccia una possibile denuncia per aggiotaggio, porta la data del’11 gennaio scorso. Del resto già l’ex ministro delle infrastrutture Delrio, a detta dei grillini il responsabile dell’insabbiamento, aveva spiegato (ad agosto al Meeting di Rimini) perché quegli allegati non erano stati pubblicati.

La gaffe di Toninelli si spiega cojn il tentativo di presentarsi come l’unico paladino della trasparenza. Mentre se quelle di Autostrade erano «pressioni» (che però «non sono sinonimo di minacce», ha precisato il ministro che per questo non le ha denunciate) si può dire che anche l’attuale ministro abbia ceduto alle pressioni. Perché la lista completa degli allegati alla convenzione del 2007 è stata pubblicata sul sito del Mit solo alcune ore dopo che la società dei Benetton lo aveva già fatto, il 27 agosto. Toninelli, che aveva annunciato la volontà di pubblicare tutto subito dopo il crollo di Genova, aveva masticato amaro per questo «sorpasso» di Autostrade, e si era giustificato così: «Dipende dal fatto che sono arrivato al ministero solo da 70 giorni». Ma è chiaro che è stata proprio l’avvenuta pubblicazione da parte della concessionaria ad aver fatto cadere il rischio di una denuncia, nel caso il Mit fosse andato avanti per primo con la trasparenza totale.

Quando al Mit c’era Delrio era stato chiesto a palazzo Chigi (dipartimento funzione pubblica) come regolarsi di fronte alla diffida di Autostrade. Senza avere una risposta in grado di rassicurare i dirigenti che si sarebbero resi responsabili della pubblicazione. Anche ieri Toninelli ha voluto scaricare la responsabilità su suoi uffici. «I dirigenti hanno respinto le richieste perché hanno avuto paura – ha scritto sul blog dei 5 Stelle – hanno avuto le PRESSIONI che li hanno spinti a non farlo, visto che viene paventato lo spettro di un reato penale, l’aggiotaggio, richiesta danni e temono di essere portati in giudizio». E ancora: «Ognuno di noi ha un mutuo da pagare, ha una famiglia, per questo ha ragionevolmente paura delle denunce». Ecco perché ha parlato di pressioni non solo «esterne» ma anche «interne».

Intanto la prossima settimana Toninelli potrebbe presentare al Consiglio dei ministri il decreto su Genova e sulle infrastrutture. Tra le novità, ha spiegato, «una parte sui collaudi con la quale imporremo ai privati, a loro spese, di fare delle verifiche che controlleremo con giovani ingegnerei che assumeremo al ministero». Al quale già sono affidati, da cinque anni, i controlli sui lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria fatti dai concessionari.
Sul destino delle concessioni autostradali, il presidente del Consiglio ha raffreddato le certezze Di Maio. Non più «nazionalizzazione unica strada», ma «la nazionalizzazione non è l’unica risposta, la decisione finale ce la riserviamo». Ha spiegato Conte che il governo potrebbe agire «attraverso lo strumento della nazionalizzazione o attraverso lo strumento di una nuova gara in base a condizioni contrattuali completamente diverse».