«Stiamo provando a vivere, ad andare avanti, ma la nostra è una montagna infinita da scalare, un pezzo del nostro cuore ci è stato tolto e nessuno potrà restituircelo». Egle Possetti, presidente del comitato del familiari delle vittime di Ponte Morandi, è intervenuta con commozione ma voce ferma durante la cerimonia di commemorazione della tragedia del 14 agosto.

NON SOLO MEMORIA, nelle sue parole, ma denuncia, richiesta di giustizia e appello alla responsabilità. La donna, che si è fatta tatuare su un braccio i nomi dei cari che hanno perso la vita – la sorella Claudia, il marito Andrea e i figli Camilla e Manuele – ha guardato negli occhi i rappresentanti del governo e delle istituzioni seduti nelle prime file e ha spiegato loro di cosa c’è bisogno, ora: «Chiediamo segnali concreti, la sicurezza di infrastrutture e strutture pubbliche, maggiori controlli e manutenzioni, vogliamo che la parola d’ordine per questo Paese sia prevenzione, vogliamo processi brevi e un’unità di crisi che dia supporto economico e psicologico a chi venga colpito da tragedie simili, vogliamo che fatti del genere non accadano mai più, perché i nostri parenti sono stati condannati a morte senza appello, ed è una cosa inaccettabile».

Chi non ha potuto ascoltare, almeno non di persona, l’intervento di Egle Possetti sono stati i vertici di Autostrade, Atlantia ed Edizione. Arrivati alla cerimonia, su invito del Comune di Genova, Giovanni Castellucci, oggi ad Atlantia ma a capo di Aspi nel momento del crollo, Roberto Tomasi, attuale ad della concessionaria autostradale e Fabio Cerchiai, presidente della holding Edizione, hanno abbandonato il capannone poco prima dell’inizio della messa.

A INVITARLI A USCIRE è stato lo stesso presidente del consiglio Giuseppe Conte a cui i familiari delle vittime hanno chiesto di intervenire in tal senso. Fuori dal capannone, intanto, lungo la strada dove si trovavano i tanti cittadini genovesi arrivati per assistere dall’esterno, è comparso uno striscione: «Via le concessioni ai Benetton».

Autostrade per l’Italia ha voluto chiarire i fatti con una nota: «Abbiamo sentito il dovere morale di essere presenti, preso atto della richiesta di non partecipare alla funzione da parte di alcuni familiari delle vittime, abbiamo ritenuto di seguire la funzione religiosa dalla direzione di Genova affinché questo importante momento di raccoglimento non venisse perturbato da qualsiasi forma di polemica».

L’episodio ha fatto parecchio rumore ma è stato, in effetti, scavalcato nel giro di pochi minuti e in particolare nel momento in cui alle 11e36 tutta Genova, e non solo l’area attorno al cantiere del nuovo viadotto, si è cristallizzata nel ricordo dei morti. Sotto al capannone scoperchiato dallo stesso crollo del 14 agosto, erano presenti 185 familiari, di circa la metà delle vittime del Morandi.

Tra loro anche Benedetta Alciato, cognata di Roberto Robbiano, morto con la moglie Ersilia e il figlio Samuele in un viaggio verso il mare. È stata lei a curare il libro con le testimonianze delle famiglie e a farne dono, personalmente, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Mi ha ringraziato e mi ha detto che ne aveva sentito parlare, che lo aspettava, per noi è stato un grande onore».

NEI GIORNI SCORSI IL COMITATO aveva chiesto, ma non aveva ottenuto, di poter avere qualche minuto di incontro in privato con il capo dello Stato. C’è stato, ed è stato toccante invece, l’incontro che i familiari delle vittime, nel pomeriggio, hanno avuto con i soccorritori, con le forze dell’ordine e tutti i soggetti che, dalle ore successive al disastro e fino a oggi, non hanno mai smesso di aiutarli ed essere loro di supporto.

L’incontro è avvenuto in una sala municipale di periferia lontano dalle grandi passerelle. La consegna di alcune targhe, alcuni semplici ringraziamenti, e le parole dei parenti. Tra loro Michele, 15 anni, fratello di Luigi Matti Altadonna, trentenne genovese che ha lasciato moglie e quattro figli. «Ho 15 anni e quest’estate non andrò in vacanza ma farò volontariato – ha detto consegnando una delle targhe ai responsabili di una pubblica assistenza – perché ho visto quanto è importante aiutare gli altri, ci sono state 43 vittime ma senza queste persone sarebbero state di più».

Il comitato è entrato a far parte del coordinamento «Noi non dimentichiamo», che riunisce i familiari delle più grandi stragi italiane, da Viareggio all’Aquila, dalla Moby Prince alla Thyssenkrupp. «Che hanno una cosa in comune – ha detto la presidente della rete, Gloria Puccetti – le nostre storie ricevono molta attenzione all’inizio, ma poi sono dimenticate, noi vogliamo non sia così». Per i familiari delle vittime del Morandi questo rischio inizia oggi. «Lotteremo per avere giustizia», dice Egle Possetti, con tutta la pazienza del mondo.