Dove le navi una volta nascevano, lì moriranno. In un cimitero che si metterà in concorrenza con le spiagge infernali dell’India e del Bangladesh. Genova città operaia, di marineria, pervasa dalla migliore storia industriale del nostro paese, primo porto italiano, dal 20 luglio cambierà volto. Un progetto – tenuto in buona parte riservato, approvato dalla regione Liguria lo scorso maggio con un semplice decreto dirigenziale – ha aperto le porte alla rottamazione dei colossi del mare. In sordina, quasi facendo finta di niente, senza coinvolgere la città. Soluzione pensata non solo per la Costa Concordia, il relitto galleggiante pronto ad attraversare il santuario dei cetacei nel suo ultimo viaggio, approdando – secondo il progetto – sull’angolo della diga foranea di Voltri, terminal container genovese. Ma un’infinita lista di navi, di carrette ormai consumate, piene di rifiuti pericolosi, relitti da rottamare per ricavare materiale da riciclo, scartando le scorie più velenose. Carcasse vecchie di decenni, da fare a pezzi.

Il progetto segreto

Il decreto 1120 della regione Liguria – firmato dal dirigente del dipartimento ambiente, settore Via, il 7 maggio scorso – ha autorizzato il progetto presentato il 12 marzo 2014 dalla San Giorgio del Porto spa, cantiere navale specializzato in riparazioni. La società fa parte della cordata – guidata dalla Saipem – scelta per la demolizione e rottamazione della Costa Concordia. Un’aggiudicazione avvenuta senza la divulgazione del capitolato, nella massima riservatezza chiesta ed ottenuta dal club di assicuratori della nave e dall’armatore, finanziatori dell’operazione.

La documentazione presentata dal consulente Tomaso Gerbino per conto della San Giorgio del Porto di Genova è in buona parte coperta da omissis. Su 47 pagine che compongono la sintesi tecnica pubblicata dalla regione nel corso della procedura di screening, ben ventidue sono state tagliate, eliminate dal file depositato nei server. «Il proponente può richiedere di non rendere pubblica parte della documentazione riguardante il progetto – spiega l’ufficio stampa della giunta guidata da Claudio Burlando – con la motivazione della riservatezza commerciale». Inutile chiedere spiegazioni alla San Giorgio, che si chiude nel no comment di rito: «Sulla vicenda non parliamo, manteniamo la massima riservatezza», commentano dai cantieri navali. Inutile chiedere copia integrale della sintesi progettuale, negata a il manifesto dall’azienda e dalla stessa regione Liguria. “Confidenziale” è anche il progetto approvato dagli assicuratori e dall’armatore. Carte blindate, inaccessibili, che nessuno può leggere.

Il rischio ambientale

Eppure ci sarebbe tanto da capire. La decisione degli uffici regionali è stata quella di non avviare nessuna valutazione d’impatto ambientale, sottoponendo, nel contempo, al segreto d’ufficio il cuore del progetto. Rottamare una nave non è però un gioco da ragazzi. Scorrendo la relazione firmata dalla responsabile del dipartimento ambiente si scopre l’elenco dei potenziali rifiuti da trattare demolendo una nave: «Lubrificanti, carburanti, acque di sentina, pitture, Tbt, amianto, Pcb, anodi, batterie, freon, elementi radioattivi ecc.». Rifiuti pericolosi, estremamente difficili da manipolare in assoluta sicurezza. Lista riportata dalla stessa azienda all’interno del progetto. E colpisce la presenza di sostanze oggi vietate, come il Pcb, che potrebbero essere contenute in una delle tante carrette del mare che approderanno nel porto di Genova. Una nave destinata a morire è infatti considerata un vero e proprio insieme di scorie galleggianti, tanto che oggi è sottoposta alle norme sul traffico transfrontaliero di rifiuti emanate nel 1989 durante la convezione di Basilea.

Dove verranno trattati questi materiali? Secondo la parte pubblica del progetto (25 pagine di sintesi e quattro tabelle) l’estrazione dei materiali pericolosi dai relitti avverrà nell’area del porto destinata alla cantieristica navale, in un bacino a secco in grado di evitare la possibile contaminazione del mare. Zona, questa, che si trova a poche centinaia di metri dalla Fiera e dal cuore della città. Un’area chiusa al pubblico, lontana dagli occhi indiscreti.

C’è un’ulteriore questione, che riguarda direttamente la Costa Concordia. Nel progetto presentato – o almeno nella sua parte pubblica – il rischio ambientale della prima fase di attracco della nave a Genova Voltri è trattato solo in linee generali. All’isola del Giglio il monitoraggio è stato affidato all’Arpat, l’agenzia ambientale della regione Toscana. Nel contratto si legge con chiarezza qual è il pericolo, il vero incubo nella gestione della nave: «Le criticità ambientali (…) risultano essere legate al possibile sversamento di materiali inquinanti nella colonna d’acqua». Resti di idrocarburi e sostanze chimiche, mescolate con l’acqua marina. Anche per questo l’Arpat garantisce un monitoraggio continuo, pubblicato sul sito istituzionale. Diverso è l’approccio che si legge nel progetto approvato dalla regione Liguria: «Nel caso di lavori a mare non sono prevedibili rilasci di sostanze pericolose, ma tuttavia l’area di cantiere verrà delimitata con panne galleggianti a doppia camicia». Il monitoraggio previsto, in questo caso, dalla relazione istruttoria elaborata dalla regione Liguria non sembra essere affidato alle agenzie pubbliche, ma ad un generico «personale esperto» che «si assumerà la piena responsabilità dei risultati».

L’ultimo viaggio

La Costa Concordia lascerà l’isola del Giglio alla fine di luglio, quando le acque dovrebbero essere tranquille. L’ultimo viaggio sarà il più delicato, pieno di rischi. Il tempo di percorrenza dall’arcipelago toscano al porto di Genova è stimato in 4 o 5 giorni di navigazione. Il relitto verrà trainato con delle funi da navi della Saipem e Micoperi, le due aziende che fino ad oggi si sono occupate della gestione del relitto all’isola del Giglio. Sarà una montagna di sostanze pericolose, trasportate all’interno di una delle zone più delicate del Tirreno. Senza possibilità di attracco intermedio, in una operazione mai tentata prima. La parola finale sull’intero dossier spetta ora alla conferenza decisoria, che si svolgerà entro il 16 giugno. E alla fine sarà Matteo Renzi a dare il via definitivo. Con il suo piglio decisionista.