Duemilatrecento chilometri da Genova a Gibilterra in ventidue giorni di primavera su una mountain bike classe 1994. A sudare sul sellino c’è un ambientalista impegnato e dalla bella «penna» come Tullio Berlenghi, il quale ha travasato il suo diario quotidiano in un libro di educazione ecologica e osservazione critica di paesaggi umani e naturali senza frontiere. Il testo è arricchito dalle illustrazioni di Maria Cristina Marsili, dalle foto scattate dallo stesso ciclista e dalle sue utili mappe giornaliere. Ecco ad esempio la tappa Aguila-Almeyra: 144 chilometri, 8 ore e 50 sui pedali, dislivello di 1.248 metri.

L’eco-pellegrinaggio ciclistico di Tullio è alla ricerca del limite. Per questo la destinazione scelta sono le eterne Colonne d’Ercole, «che Dante descrive come “ciò che l’uom più oltre non si metta”, un limite fisico che diventa geografico, un confine.» I confini sono una faccenda individuale, «importante è cercare di superarli, per dare a se stessi la prova di esistenza in vita». Così l’autore approfitta di un inusitato mese intero a disposizione, saluta tutti in famiglia – compreso il labrador Oreste, quindicenne – e parte verso il limite con la sua amata bici. Non dimenticando di richiamare, nelle sue note intorno al 25 aprile, l’utilità di questo strumento nella lotta partigiana.

Del resto l’Anpi di Colleferro è fra gli «sponsor etici» dell’impresa.
Prima frontiera: Ventimiglia. Il nostro ciclista la attraversa in un momento di calma (agli inizi di maggio 2016) ma, annota, pochi mesi prima al centro della cronaca c’erano, e ci sono, i pedoni-nonturisti chiamati clandestini, in un mondo di frontiere e blocchi anziché di accoglienza.

Francia e Spagna riservano invece un’accoglienza apprezzabile ai ciclisti turisti di nobile pedigree europeo: bellissime piste ciclabili cittadine, regole intelligenti sulle strade extraurbane, perfino un incredibile sovrappasso per le due ruote, con tanto di struttura a spirale per rendere meno faticosa l’ascesa. E maggiore sembra anche, oltrefrontiera, il rispetto dei cittadini per il territorio. Alcuni esempi? Meno littering (quell’alone di rifiuti randagi lungo le strade che urta i sei sensi di ciclisti e camminatori), e «parecchio suolo libero dal cemento, a beneficio dell’economia agricola e della bellezza del paesaggio».

Il tempo è «dilatato da fatica, gambe indurite, crampi e sete», magari sotto la pioggia, eppure l’autore si sorprende a pensare: «Mi piace!» Sensazione condivisa dai ciclisti che l’autore incrocia. Ma attenzione: c’è una differenza draconiana fra chi va semplicemente in bicicletta e i «dannati dei pedali, supertecnologici e insensibili». A questi ultimi certo sfuggono anche i flash storici che un semplice cartello segnaletico suscita…Sagunto, cosa accadde mai a Sagunto? E chi ricorda che a Carretera de Malaga 5.000 civili furono uccisi dalle truppe franchiste? Davvero chi non si ferma è perduto: come potrà fotografare una preziosa avocetta prima che riprenda il volo?; o emozionarsi al pensiero de La guerra di Piero davanti a un pendio di papaveri rossi?; o, davanti a una signora anziana che cammina curva per una stradina di paese, riflettere sullo spopolamento delle aree interne, «risorse da tutelare»?

Del resto, sicuramente era un ciclista capace di lentezza quel centenario cittadino di Arles (attraversata nella quinta tappa del viaggio) il quale «secondo me non è che andava in bici nonostante l’età, ma a cento anni era arrivato proprio perché andava in bicicletta».
Tullio Berlenghi rende omaggio ai gregari, i lavoratori dietro le quinte nel ciclismo come nella società. E scambia sensazioni, saluti, sguardi amici, perché «se fai 1.000 chilometri in automobile puoi anche non parlare con nessuno; ma se ne fai 100 in bici, incontri tanti».