Come insegnare in tempi di isolamento di tutti, insegnanti e allievi, ognuno a casa propria? Abbiamo visto cinque candidati all’esame orale di terza media nel corso della serata del Primo Maggio su Raitre, il programma condotto da Ambra che commentava i collegamenti con musicisti e altri. Una domanda da lei posta ai ragazzini era come farebbero quell’esame orale, online, e le risposte erano interessanti: uno col libro accanto per sbirciarci senza farsi notare, una con libri aperti attaccati alle pareti, un’altra con i post.it sparsi e un’altra ancora con libri e pagine internet aperte… La fantasia non manca di certo e già per questo bisognerebbe promuoverli tutti, come giustamente Ambra aveva detto a fine collegamento.

Sarebbe meglio insegnare oggi a giovani e giovanissimi come districarsi con e nei nuovi canali di informazione. Soprattutto riferendoci alle origini della parola smart, che in inglese sta per intelligente, abile, esperto, astuto, capace, smaliziato, disincantato, spigliato, versato, in gamba, valente, accorto, volpino, elegante, scaltro. Certo, non devono mancare i contenuti come noi li abbiamo imparati per favorire una alfabetizzazione sul piano della cultura generale, la quale dovrebbe servire come base per un accompagnamento verso un ragionare e pensare con la propria testa.

Imparare cioè a individuare una notizia sensata nel mare di informazioni offerte dalla rete, imparare a distinguere siti che trasmettono un sapere da quelli che urlano saperi generalizzanti e fuorvianti, a capire se una frase è davvero dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano oppure se qualcuno gliene ha attribuita una che in realtà è di un altro scrittore. Lo prendiamo come esempio, perché fu lo stesso Galeano a dire in un incontro a Bologna, parecchi anni fa, di aver notato che c’erano frasi scritte dal drammaturgo tedesco Bertolt Brecht attribuite a lui!

Forse oggi si dovrebbe introdurre un’altra materia, lo studio del linguaggio visivo, anzi audio-visivo, per meglio decodificare le tante informazioni trasmesse ormai anche da siti di quotidiani e riviste online con l’ausilio dei video. Forse bisognerebbe insegnare non soltanto a leggere e a scrivere, ma anche a leggere le immagini nella nostra era della informazione e della cultura, soprattutto quando è prepotentemente visiva. Per comprendere che un’immagine non veicola soltanto un contenuto, per capire come veicola quel contenuto, che cosa significa l’uso di determinati colori o di determinati formati, perché la pubblicità posizioni certi elementi visivi in alto a destra o in basso a sinistra nel riquadro…

Capire per non cadere (più) vittime di una identificazione (voluta) da chi quelle pubblicità o quei video o quei film li crea. Sarebbe utile per svegliare le coscienze di tanti, anche adulti, per condurre verso una consapevolezza rispetto a ciò che ci viene servito giorno per giorno, telegiornale dopo telegiornale, serie dopo serie, eccetera.

Cogliamo la costrizione per causa Covid-19 alla didattica a distanza come opportunità per ripensare le modalità dell’insegnamento, visto che la figura dell’insegnante in video è uguale al libro che lui/lei mostra al contempo agli allievi e alle allieve: entrambi appaiono sullo schermo del computer/telefonino che viene guardato…

Compiti a casa
Non passa giorno da quel lontano 24 febbraio, in cui per decreto del presidente del consiglio erano state chiuse le scuole sul territorio nazionale per arginare la diffusione del virus Sars-CoV-2 che una volta entrato nei polmoni provoca quella polmonite atipica che è stata chiamata Covid19, che non si senta parlare di questo argomento alla radio, in televisione o se ne legga sui giornali. E da un momento all’altro milioni di ragazzi, più o meno giovani, sono stati costretti a rimanere in casa ed entrare via internet in contatto con i propri insegnanti che velocemente si sono dovuti adattare a una modalità di fare scuola a distanza. Il digitale non è per tutti, si dice, perché tante famiglie non hanno sufficienti mezzi per provvedere a diversi dispositivi per tutte le componenti, se i figli sono più di uno e di diversa età. Il digitale non supplisce la presenza in aula né il «fattore umano» e la reciprocità di rapporti fra coetanei che formano, vero; può garantire però una continuità nei contenuti didattici trasmessi o perlomeno mettere in condizioni i ragazzi a provare ad autogestirsi nell’apprendimento facendo leva sulle lezioni già svolte in precedenza. Sul percorso scolastico iniziato, su quel sapere che era stato trasmesso fino a quel giorno.

Il virus che ha stravolto dall’oggi al domani le nostre vite ha portato parecchi nodi al pettine, e i nodi sono tanti nel sistema scolastico italiano. Tanto è stato si è detto e scritto su questo, e non da ultimo Marino Sinibaldi ha deciso di creare un canale dentro quello di Radiotre a libero uso di insegnanti, genitori e studenti/allievi di diverse età e dotato quotidianamente con pillole di sapere delle diverse materie.

Per caso ho attorno a me tre giovani tredicenni, ognuno di una lingua diversa, due, un ragazzo e una ragazza, rispettivamente di lingua tedesca e di lingua italiana, a Merano in Alto Adige, dove uno frequenta la scuola tedesca e l’altra la scuola italiana, mentre il terzo è francese e abita a Parigi, dove frequenta il collège. Unica differenza: i due in Italia devono fare una tesina come lavoro finale invece dell’esame di terza media annullato, il ragazzino francese no, essendo strutturato il percorso scolastico in altro modo. Ciò che mi ha spinta a scrivere è la stupefacente intelligenza con cui questo trio che non si conosce esprime la propria condizione di «confinati» nei loro testi, uno in modo diretto, gli altri due in modo indiretto. Per semplificare il discorso attribuisco loro dei nomi, Felix, il ragazzino tedesco, Luna, la ragazzina italiana e Jules quello francese.

Emozioni
Iniziamo da Luna che come argomento ha scelto le emozioni e scrive nella sua introduzione: «Ho scelto questo tema perché mi interessa particolarmente l’angolo emotivo del nostro cervello. Ho preso spunto dal film Disney-Pixar Inside Out: riesce a rappresentare molto bene ciò che succede nella nostra mente facendoci capire il motivo di molti nostri impulsi emotivi.»Questo il filo rosso che la condurrà ad affrontare un tema/fatto o una personalità all’interno di ogni materia. E cosa porta questa ragazzina tredicenne facente parte della generazione che a livello generale viene definita come immersa nei videogiochi, nei social di Instagram e Snapchat a mandarsi meme, bitmojis o stupide frasine? L’odio per storia citando i campi di sterminio, la paura per scienze parlando di Chernobyl, la gioia per geografia indicando la multietnicità del Brasile, la kindness in inglese col personaggio di Martin Luther King, eccetera. Non male come esempio, certo si potrà obiettare che sarà figlia di genitori intellettuali, abbienti o così via, quando invece è semplicemente una ragazzina sensibile e attenta nell’osservare la realtà attorno a sé. Non l’eccezione che conferma la regola piuttosto la punta di un iceberg che sta sotto il mare che nessuno vuole vedere.

Confinement
Mi arriva da Parigi una mail da un’amica col testo di un compito per Arti visive del figlio Jules. Il suo sogno è fare il giornalista, gioca appassionatamente a basket e come tutti i ragazzini della sua età studia il giusto e passa il tempo con videogiochi, social e musica. Il tema del compito era: il tempo del confinamento. Sì, prendo questa parola dal francese confinement, in quanto per me rispecchia meglio la situazione che stiamo vivendo tutti: un «confino» dentro le nostre mura di casa. Ebbene lui lo svolge su due piani, uno visivo con una fotografia di una serie di oggetti stesi per terra secondo un ordine preciso e uno letterario sotto forma del testo che la accompagna per esprimere le sue riflessioni a proposito. Scrive Jules: «Innanzitutto ho creato una gerarchia: in alto si vede il collage a più lettere che compone il termine confinement per indicare che per farsi un’idea di un soggetto è necessario raccogliere più punti di vista, per non farsi influenzare da uno solo e tanto meno da nessuno, come si può ben vedere nei media. A sinistra ho messo ciò che riguarda il lato positivo, come un pianoforte disegnato, che mi rappacifica, lo sport che mi fa pensare ad altro, gli applausi delle ore venti che mi ridanno speranza nell’umanità, la musica che visualizzo con le cuffiette e la consolle per i videogiochi, la rivista sullo yoga per la calma e la sveglia messa su Off per segnalare il vantaggio dell’alzarsi più tardi.»

In Francia si è diffusa l’usanza di applaudire alle finestre in omaggio al personale medico che si sta prendendo cura dei tanti malati per il Covid19, da noi in Italia era stato fatto qualche volta, all’inizio, come il cantare sui balconi o fare brindisi da un balcone all’altro. E torno un attimo alla tesina di Luna che per caratterizzare meglio le sue emozioni è andata alla ricerca di aforismi e porta citazioni di Shakespeare, Einstein, Bertrand Russell e Anne Frank, o Vincent van Gogh, il suo pittore preferito di cui non porta come esempio i ben noti girasoli, le notti stellate o gli autoritratti, no, ha optato per il Teschio con sigaretta accesa, un dipinto del 1885/86 ispirato a un suo vecchio disegno di uno scheletro fatto all’Accademia.

Esprimere il proprio stato d’animo, lo fanno da sempre gli artisti nella loro arte e Luna cita la follia come emozione. Anche Jules ci comunica diversi stati d’animo: sul lato destro della sua composizione c’è tutto ciò che segnala emozioni cosiddette negative, con una foto di una classe vuota che sta per solitudine, un pallone da basket con relativa scarpa come segni di uno sport che gli manca tanto, una foto dei compagni di classe, il riquadro con l’indicazione delle vacanze di aprile annullate, la scritta «I miserabili» per indicare un libro assai triste di Victor Hugo che non migliora certo le cose, mentre una foglia verde sta per la mancanza della natura, del fatto di non poter uscire di casa. Poi indica una seconda parola composta con la tecnica del collage: sad. Usa questo termine inglese per esprimere la tristezza perché il suo sonoro rende meglio l’idea del cadere nell’oblìo o nel passato rispetto a quella francese (o italiana) triste.

Ciò che Luna crea con il filo rosso delle emozioni, il tredicenne di Parigi lo fa con una analisi assai sorprendente, di tipo semiotica delle arti, quasi: «è il modo di scattare la foto che è decisivo – scrive Jules – la tecnica (vista nel corso a scuola) ci fa comprendere che il confinamento va preso con distacco, come visto dall’alto, e quindi da considerare da un punto di vista generale».
E poi aggiunge la ciliegina del suo ragionamento: il fatto di usare tanti tipi diversi di immagini e segni indica che il confinamento è esso stesso una situazione di soqquadro, di caos, e per trovare un po’ di pace in questi duri momenti tutti questi pessimi elementi vanno presi per quello che sono per farne ciò che si esprime bene nel detto «when life give you lemons, make lemonade», cioè «se la vita ti offre limoni, fanne una limonata!» Dulcis in fundo, la base della sua composizione-installazione ripresa in foto è costituita da alcuni pezzetti di carta rappresentanti dell’erba verde, secondo il nostro giovane filosofo, significa «la gran voglia di uscire e al contempo il confinamento come periodo temporale, unico e ristretto, fuori dal comune, che galleggia e non tocca l’erba, né il cielo o gli alberi, e dunque va apprezzato per quello che è e non ci resta altro che mollare la pressione». Rilassarsi, dunque, per ritrovare un equilibrio interiore.

Guns’n roses
Ciò che Felix cerca di stabilire parlando nel suo Power Point di fine anno del suo amato strumento, la chitarra elettrica, per cui vuole persino incidere un brano audio da allegare. La considera da molteplici aspetti narrando anche le storie di alcune tra le sue band preferite, come i Guns ‘N Roses il cui logo fortemente pacifista apre il suo lavoro, strutturato come un vero e proprio canovaccio per l’esposizione orale con tanto di indicazioni generali sulla band per arrivare ai dettagli. Non manca anche qui uno spirito autoironico e il gusto grafico nel creare le singole pagine/videate curate con tanto di fotografie e loghi diversi. E in ultimo non mancano le indicazioni bibliografiche menzionate nell’elenco dei siti consultati. Come, unicamente internet?, avrà copiato e incollato!, potrà obiettare qualcuno. Già, ma il primo sguardo all’organizzazione delle informazioni smentisce ogni considerazione generalizzata confermandone un’analisi ragionata, e per quanto riguarda le fonti, risulta difficile nel periodo di confino entro le proprie mura recarsi in biblioteca…

Rai Radio 3
«Dal 27 aprile, ogni settimana dieci nuove lezioni solo sul web» annuncia la frase che apre il nuovo progetto Radio Scuola con cui Rai Radio 3 mette a disposizione di studenti e studentesse, insegnanti e genitori materiali che possono essere utili alla vita scolastica in questo momento particolare. «Non si sostituisce a nulla, perché nulla può sostituire il rapporto diretto tra insegnanti e studenti», si sottolinea subito, si vuole semplicemente aiutare e arricchire con brani audio dal grande archivio di Radio Rai delle lezioni integrative. Lezioni condotte dalle voci che già si conoscono dai vari programmi della radio che guidano nell’ascolto di brani storici della cultura italiana degli ultimi decenni. Come ad esempio per letteratura c’è Italo Calvino, e c’è un brano letto da Carmelo Bene. I contributi sono proposti per materia e seguendo una sorta di orario scolastico, per meglio districarsi all’interno dell’offerta. Leggiamo sul sito: «Sappiamo bene quanto questa distinzione possa apparire astratta a pedagogicamente arretrata, – almeno a me appare così (si suppone sia il direttore Marino Sinibaldi a scrivere) – ma è solo un modo per organizzare la griglia, l’ordine di queste proposte.» Le materie sono storia, geografia, scienze, filosofia, letteratura italiana e straniera, arte, musica, lingua italiana ed educazione civica. Ogni giorno verrà aggiornata una coppia di materie. I materiali vogliono essere «amichevoli» per avvicinare chi ascolta alla profondità di un tema considerandolo sotto vari aspetti, e qui dalla programmazione di Rai Radio 3 c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Tutti, studenti, insegnanti, genitori, e altri, sono invitati per altro a suggerire altro, a comunicare osservazioni critiche o richiedere materiali precisi che verranno messi a disposizione gratuitamente scrivendo a radio3@rai.it.