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Gemma Guerrini, dallo studio del Boiardo alla paura per la cultura

Gemma Guerrini, dallo studio del Boiardo alla paura per la culturaIl presidio di ieri in piazza del Campidoglio

Roma La firmataria della mozione contro via della Lungara

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 22 maggio 2018

Scriveva Gombrowicz nel suo romanzo ‘Ferdydurke’ (cito a memoria), che quando un poeta parla di albe, tramonti, scia della luna sull’acqua, va tradotto così: «la coscia, la coscia, la coscia/ la coscia, la coscia, la coscia». Questo principio, secondo me, andrebbe applicato ovunque si usino espressioni alate per affermare verità fumose. A volte, anziché ‘la coscia’, si può tradurre con ‘i soldi, i soldi, i soldi’ oppure ‘il mio potere, il mio potere, il mio potere’.

Come andranno tradotte parole come queste:

«E per la sua rinascita Roma (come il resto del Paese) deve intanto smettere di pensare al suo patrimonio culturale (storico, artistico e paesaggistico) come “petrolio”, da sfruttare passivamente a meri fini turistici fino alla sua consunzione, per riconoscerlo invece quale patrimonio dei cittadini sovrani, funzionale al diritto della persona ed al suo sviluppo, iniziando col ripristinare quei principî di tutela (e cioè di conservazione, fruizione e sviluppo) che costituiscono la vera ricchezza ed originalità italiana».

Oppure

«Il patrimonio di competenze, di sapienza, di arte, storia e di paesaggi devono infatti assumere il ruolo di humus fertile dal quale far ripartire politiche di riqualificazione etica e materiale di cui la città ha bisogno, sia dal punto di vista territoriale, sia dal punto di vista identitario».

E’ importante capirlo, perché senza una traduzione io non saprei come interpretare parole che vanno dal petrolio sfruttato a fini turistici allo sviluppo della persona, dai princìpi di tutela all’humus fertile, dal punto di vista territoriale a quello identitario.

Ed è importante perché è con questi argomenti che la Dott.ssa Gemma Guerriniha proposto e ottenuto la chiusura della Casa Internazionale delle Donne che tante di noi hanno considerato negli ultimi 31 anni come una seconda casa.

La Casa è nata a Roma nel 1987, nel complesso del Buon Pastore, destinato fin dal ‘600 a reclusorio femminile (si trova a due passi dal carcere femminile di Via delle Mantellate), a seguito di uno sfratto dalla Casa delle Donne di Via del Governo Vecchio.

E’ diventata da allora il punto d’incontro di 30.000 donne che la visitano ogni anno, scrivel’Huffington Post, un confronto culturale e politico,­­­­­­­ l’archivio del femminismo, la sede di tante battaglie delle donne contro discriminazioni e violenze.

La ragione più semplice fra quelle addotte è il debito di 833.512,30 euro. La traduzione è dunque ‘soldi, soldi’? Non credo.

Quali sono le preoccupazioni della Dott.ssa Guerrini, italianista, quattro-secentista, studiosa del Boiardo? Curiose, a dire il vero.

Nel febbraio scorso, la Consigliera di Maggioranza della Giunta Capitolina, Presidente delle CCS Elette per le Pari Opportunità, vicepresidente vicario della commissione cultura, Gemma Guerrini, fece interdire l’Arena di Piazza San Cosimato (dove abita), che proiettava gratuitamente vecchi film famosi durante le notti d’estate, inserendo quell’area nel bando dell’Estate Romana e sottraendolo ai ragazzi che avevano ideato e curato quella manifestazione. Così ha spiegato la sua azione:

«Cos’è se non feticismo, la reiterata proiezione, giorno dopo giorno, di vecchi film che hanno in comune soltanto il fatto di essere famosi?»

E tornando sull’argomento:

«Personalmente non so rispondere alla domanda di cosa ci sia di così altamente culturale nella riedizione di vecchi film, all’interno di un contesto storico e sociale con una sua storia, una sua identità, un suo vivace vissuto, che solo chi ne è estraneo, e vuole rimanerne tale, può non conoscere né vedere e anzi può soffocare vantando una civilizzazione di stampo colonialista».

Anche qui, non mi è facile capire che cosa s’intende con ‘una civilizzazione di stampo colonialista’. Mi tornano in mente vecchi ricordi di divieti (a mio padre, per esempio, di pubblicare l’Antologia ‘Americana’) e un divertente articolo di Arbasino che parlava di ‘una gita a Chiasso’, necessaria in tempi fascisti per poter leggere stampa straniera.

Possibile che l’odio per gli stranieri arrivi ora fino ai film americani?

O è invece l’orrore per il ‘vecchio’ e l’eterno feticistico amore per il ‘nuovo’ (bello in quanto ignoto)?

Infatti, della Casa delle Donne, la Signora Guerrini ha detto in un’intervista:

«Nel disegno originario si voleva dimostrare la capacità di gestione autonoma economico-finanziaria delle donne. Trent’anni fa poteva avere senso, oggi è preistoria».

‘Morte al vecchio’ (e il considerare la preistoria un campo minato da cui fuggire) è forse il progetto più anticulturale che ci sia.La cultura si nutre del vecchio, dell’antico, assai più che del nuovo; il passato è il suo cibo, le dà le calorie per ‘fare il nuovo’. A condizione che non vi si mescoli la politica, naturalmente. E come può non saperlo una studiosa del Boiardo?

La cultura è un’operazione singolare e collettiva insieme, ha bisogno del suo humus, come dice la Guerrini, per lavorare in privato, e anche del suo ‘petrolio’ (se capisco bene la sua metafora) per trarre dal profondo la linfa che la fa crescere all’aperto.

La Casa delle Donne è stata ed è un luogo di cultura, e di cultura femminile. Combatte una battaglia politica fondamentale, con gli strumenti singolari e collettivi della cultura.

La Giunta Capitolina, che non ha messo finora le mani sulla città, vuole forse metterci i piedi. Per calpestare il suolo pubblico e, un po’ come fanno i cani, lasciarvi un segno che identifichi il suo territorio.

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