Gb, i conservatori vanno all’attacco del diritto di sciopero
Brexit Perfino il Financial Times, quell’instancabile sobillatore della sedizione bolscevica, le aveva definite controproducenti: le norme restrittive sul diritto di sciopero in Gran Bretagna, annunciate nel Queen’s Speech alla fine del […]
Brexit Perfino il Financial Times, quell’instancabile sobillatore della sedizione bolscevica, le aveva definite controproducenti: le norme restrittive sul diritto di sciopero in Gran Bretagna, annunciate nel Queen’s Speech alla fine del […]
Perfino il Financial Times, quell’instancabile sobillatore della sedizione bolscevica, le aveva definite controproducenti: le norme restrittive sul diritto di sciopero in Gran Bretagna, annunciate nel Queen’s Speech alla fine del maggio scorso, sono state presentate mercoledì con puntualità elvetica.
A volerlo definire pacatamente, il Trade Union Bill del ministro del commercio Sajid Javid non è altro che il più violento attacco al sindacato mai lanciato dai conservatori negli ultimi trent’anni, e riporta l’orologio ai violenti confronti degli anni Ottanta e al solito spettro thatcheriano. Punta inoltre a prosciugare uno dei canali principali di finanziamento al Labour Party, tanto per non farsi mancare nulla. La raffica di nuove misure – una vera e propria corsa ai ripari nell’imminenza di un autunno che ha tutte le ragioni per prefigurarsi caldo – impressiona per la sfacciata volontà coercitiva, resa possibile questa volta dall’assenza dei pur flebili Leb-dem.
Ma vediamo nel merito. D’ora in poi, nelle votazioni interne ai sindacati dei servizi pubblici tra cui salute, trasporti, vigili del fuoco, scuola, che esprimono la volontà di entrare in sciopero, sarà introdotta una soglia «minima» del 50 per cento dei delegati a favore e addirittura del 40% d’iscritti (finora ne era necessaria un’imprecisata maggioranza). I sindacati saranno obbligati a dare un preavviso di due settimane al datore di lavoro prima dello sciopero e saranno costretti a rinnovare la votazione sullo stesso ogni quattro mesi. Sarà consentito rimpiazzare gli scioperanti con forza lavoro privata per alleviare i disagi recati alla cittadinanza. Il tempo che ciascun sindacalista potrà dedicare all’attività sindacale subirà una limitazione.
Aumenterà la sorveglianza: i picchetti illegali saranno considerati un reato penale anziché civile, i lavoratori che non aderiscono allo sciopero saranno oggetto di ulteriori tutele, e si prevede la nomina di un osservatore ufficiale del corretto assetto dei picchetti (sei per fila) che risponderà alla polizia. Le varie amministrazioni locali d’appartenenza potranno agire a livello d’ordine pubblico contro gli atteggiamenti «intimidatori» nei confronti di chi non aderisce allo sciopero. L’uso di social media durante lo sciopero sarà proibito.
E la punibilità: il governo sarà legalmente autorizzato a comminare multe di 20,000 sterline ai sindacati che trasgrediscano le norme sul picchettaggio, oltre a poter valutare il rispetto delle regole in un’ispezione annuale. L’ufficiale di controllo dell’attività sindacale avrà poi il potere di obbligare il sindacato a fornire informazioni durante eventuali indagini, compresi i nomi e gli indirizzi degli iscritti.
Ma il colpo al cuore dell’opposizione è tutto contenuto nella norma sul finanziamento ai partiti, un chiaro tentativo di spingere una volta per tutte un Labour party dalla linea politica già abbondantemente confusa giù nel precipizio, colpendolo nel proprio già tormentato rapporto primigenio con le unions.
Secondo questa misura, tutti i sindacati, e non solo quelli affiliati al partito laburista, dovranno chiedere ogni cinque anni a ciascun membro se vuole pagare la cosiddetta political levy, cioè il contributo extra alla tassa d’iscrizione vera e propria e finalizzato a sostenere l’attività politica del sindacato all’interno del partito, contravvenendo al precedente consenso diffuso per cui non sarebbero state introdotte riforme al finanziamento pubblico senza appoggio interpartitico.
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