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Gaza non crede nella fine del blocco israeliano

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Elezioni israeliane Il leader dell'opposizione Yitzhak Herzog, dato per vincente dai sondaggi, difficilmente da premier sceglierà un approccio più morbido nei confronti della Striscia

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 15 marzo 2015

A Gaza lasciata in macerie dall’offensiva “Margine Protettivo” non arriva l’eco della campagna elettorale israeliana. L’eco che avverte la popolazione arriva dalle raffiche di mitra che sparano le motovedette israeliane sui pescherecchi che si avvicinano al limite delle 4 miglia dalla costa (di recente ulteriormente ridotto) – qualche giorno fa è stato ucciso un pescatore – e dall’esercito verso la fascia orientale di Gaza. La vita quotidiana resta un inferno e pochi palestinesi dicono di sperare nella caduta di Benyamin Netanyahu. Quasi tutti non credono che un cambio della guardia al governo israeliano porti a una trasformazione radicale della politica di Tel Aviv verso la Striscia di Gaza.

 

Il leader dell’opposizione Yitzhak Herzog, ritenuto in Israele meno determinato rispetto a Netanyahu sulle questioni della sicurezza, difficilmente sceglierà un approccio più morbido nei confronti di Hamas che controlla Gaza. Tzipi Livni, alleata di Herzog, è stata protagonista, in governi diversi tra il 2008 e il 2014, di tre offensive militari contro la Striscia di Gaza. E qualcuno ricorda che proprio Livni è stata tra i ministri israeliani più insoddisfatti dalla decisione, presa da Netanyahu lo scorso 26 agosto, di andare al cessate il fuoco con Hamas. E’ perciò minima la speranza tra i palestinesi che un nuovo esecutivo guidato dal centrosinistra decida di autorizzare l’ingresso massiccio nella Striscia di tutti i materiali che servono per la ricostruzione di Gaza, sempre ferma al palo. La recente esportazione di prodotti agricoli verso Israele, per la prima volta negli ultimi anni, viene considerata un fatto eccezionale e non l’inizio della revoca del blocco attuato da Israele dal 2006 ad oggi.

 

Da parte sua Hamas, più isolato dopo la decisione dell’Egitto di dichiararlo, primo fra i Paesi arabi, “organizzazione terroristica”, mette in chiaro che non cambierà linea nei confronti di Israele. «Non diamo alcun peso al risultato delle elezioni, continueremo a trattare da nemica l’occupazione – ha avvertito Fawzi Barhoum, portavoce di Hamas – tutti i partiti alla guida di Israele hanno cercato di annientare la causa palestinese, di favorire la colonizzazione e di rafforzare il carattere ebraico del loro Stato».

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