Un nido di serpi, questo sembrava ieri il governo Meloni. Prima ha varato l’uscita dal mercato tutelato del gas e dell’elettricità a partire dai prossimi 10 gennaio e 1 aprile nel «decreto energia». Ieri, il vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini gli ha teso un’imboscata e ha parlato di un «errore» fatto dal suo stesso governo. Non è chiaro dove fosse lui, il ministro «precetto laqualunque», quando veniva discussa la misura.

L’ESECUTIVO tradisce, un’altra volta ancora, un’approssimazione rivelatrice che può assumere un certo retrogusto elettorale. Per Meloni & Co. è un problema inaspettato che rischia di oscurare le celebrazioni a reti unificate della «competenza» mostrata dal governo sul Pnrr. Per ora è un caos. Ma si cerca una soluzione «last minute».

LE OPPOSIZIONI hanno preso la palla al balzo e fatto una schiacciata nel campo avverso. «È una tassa Meloni sulle bollette – ha detto ieri Elly Schlein – Tocca la carne viva di 5 milioni di famiglie e 10 milioni di utenze. Forse fanno più attenzione agli interessi economici delle grandi società energetiche che a quelli di 5 milioni di famiglie che rischiano di pagare bollette più alte». «Dopo i tagli alle pensioni ora il governo scaglia sulle famiglie il macigno delle bollette, che si aggiunge al carovita e al caro mutui esistente» ha aggiunto Giuseppe Conte (Cinque Stelle). «Ma come funzionano i Consigli dei Ministri del governo Meloni? Fanno l’aperitivo? Questo è un governo sconsiderato che ha deciso di dare ascolto più alle lobby energetiche che agli interessi degli italiani». «La verità è che questa rapina sociale il governo fa una patrimoniale, solo che la fa su milioni e milioni di italiani e italiane, i più fragili e i più deboli» ha detto Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana).

NELLA MAGGIORANZA, in realtà, erano emersi i dubbi. Tuttavia ieri, dopo l’uscita a gamba tesa di Salvini, bisognava trovare una risposta all’altezza. Allora è stato trovato un argomento non banale, anche se del tutto fuorviante. L’intesa sulla liberalizzazione del mercato tutelato è stata sottoscritta dal governo Conte II e confermata dall’esecutivo Draghi nell’ambito dell’imperscrutabile Pnrr. Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia) ha detto di trovare «ridicole» le accuse. È «un punto del Pnrr votato anche dal Pd e negoziato dall’ex sottosegretario Vincenzo Amendola» ha rincarato Claudio Borghi (Lega). Il problema è la subalternità, anche delle opposizioni, alla cultura neoliberale del Pnrr. Resta però un problema: perché l’attuale governo, nei 10 mesi di trattative con Bruxelles, non lo ha cambiato?

RAFFAELE FITTO, ministro delegato al Pnrr, non lo sa. Critica le polemiche di chi «non si è accorto di quanto veniva fatto nel 2022» ma non è riuscito a spiegare perché non se ne è accorto lui. «Degli effetti non condivisibili ci si poteva accorgere quando sono stati approvati questi provvedimenti» ha detto. Qualche secolo di economia buttato al vento. Per Massimiliano Dona (Unc) ha dato un’altra spiegazione: il Pnrr di Draghi «non prevedeva una chiusura dell’impegno entro il gennaio 2024, ma solo di iniziare un percorso». Meloni lo avrebbe fatto precipitare.

NEL SETTEMBRE SCORSO Pino Gesmundo e Marco Falcinelli (Cgil) hanno sostenuto: «L’attuale segmento del mercato a maggior tutela assorbe solo l’8,7% dei volumi dell’intero mercato elettrico. Non si capisce né la necessità né l’urgenza del provvedimento. Altrove si è favorito un processo spontaneo dove è il cliente scegliere. Un cambiamento repentino basato sulle aste scelte dal governo, può creare incertezze e può avere ripercussioni sui lavoratori del settore. Così si tutelano gli oligopoli e si penalizzano i più deboli». Mentre si difendono le concessioni balneari si rischia di mandare in rovina milioni di famiglie impoverite dall’inflazione. È l’immagine più realistica di questo governo.