Non c’è retorica nel femminismo di Iratxe García Pérez, la giovane socialista spagnola – nata nei Paesi Baschi, classe ‘74 presidente di S&D, il secondo gruppo più grande del parlamento europeo. Non c’è retorica perché subito dopo aver parlato di politica con «rostro de mujere» («volto di donna») va sul concreto: «Eliminare il gap salariale fra uomo e donna, per il quale le donne hanno pensioni più basse», combattere la violenza, «è importante spiegare che il machismo uccide perché c’è un’estrema destra che lo mette in dubbio, che nega che si possa parlare di violenza degli uomini sulle donne». La incontriamo a Bruxelles alla fine del travagliato percorso della formazione di una nuova commissione europea, che ha visto per la prima volta ben tre commissari indicati dagli Stati essere bocciati dai parlamentari.

Presidente, il prossimo 27 novembre la nuova commissione avrà i voti per nascere?

Ho fiducia che all’inizio di dicembre potremo avere una commissione in piene funzioni perché l’Europa deve iniziare a mettere mano alla sua agenda di trasformazione. In questi mesi il parlamento ha assunto pienamente il suo ruolo nell’esame dei profili dei futuri commissari, e il gruppo S&D lo ha fatto anche per influire sull’agenda della futura commissione. Abbiamo chiesto un’Europa più verde, più sociale, più ugualitaria e multilaterale.

Fatta la commissione, dovrete affrontare il bilancio. Ora saranno gli Stati i vostri interlocutori più duri?

Bisogna tenere un dialogo fra tutti gli attori, il Parlamento, la Commissione, il Consiglio. Il Parlamento è l’unica istituzione eletta direttamente dalla cittadinanza, ma se vogliamo un avanzamento non possiamo fare da soli. Abbiamo bisogno di una Commissione che proponga e di un Consiglio che cambi atteggiamento e mentalità, che si apra alla collaborazione, capendo che siamo in un passaggio storico e che dipende dalle nostre decisioni che l’Europa continui ad essere un progetto in cui la cittadinanza possa avere fiducia.

Con i sovranisti la Commissione avrà un atteggiamento di scontro o farà un tentativo di collaborazione per portarne almeno una parte su posizioni europeiste?

Il problema non è solo nel Consiglio, i sovranisti sono in parlamento, quindi la questione dobbiamo maneggiarla anche fra di noi. In parlamento li combatteremo con alleanze pro Europa e progressiste. Le due possibilità esistono. C’è una maggioranza europeista, ma anche una maggioranza progressista. E anche in Consiglio c’è la possibilità di tenere una posizione molto pro Europa. È anche per questo che servono governi progressisti in Europa. Presto ne avremo uno in Spagna, e insieme a quello italiano possono dare un po’ di respiro alla democrazia europea.

In Spagna il governo Psoe-Podemos si farà?

Sono molto fiduciosa, le forze politiche che vogliono sbloccare la situazione sono in grado di capirsi. Abbiamo in comune molte cose.

E l’avanzata della destra è una spinta decisiva.

La verità è che a sinistra siamo sempre molto più esigenti con i nostri compromessi. Ma ora siamo chiamati a un esercizio di responsabilità molto importante, ben più degli interessi dei singoli partiti.

Il nuovo governo spagnolo aderirà all’accordo di Malta sui naufraghi proposto dall’Italia?

In ambito europeo il governo Sanchez è stato attivo per una politica migratoria comune e solidale. Continueremo su questa linea e su ogni iniziativa che spinga a far sentire tutti gli europei responsabili di una politica migratoria e dei rifugiati. Con l’Italia, Malta e la Grecia abbiamo molte cose in comune. L’accoglienza si fa con vie diverse ma sono di più le cose che ci uniscono. Dobbiamo unirci non per rivendicare un’alleanza dei paesi del Sud Europa ma perché tutti i paesi dell’Ue che condividono il valore della solidarietà e della giustizia capiscano che un’Europa che ha senso di sé non può restare indifferente a quello che succede nel Mediterraneo.

Ma il Trattato di Dublino sull’asilo asilo si cambia solo all’unanimità, e l’unanimità in questa Unione non è immaginabile.

La futura commissione dovrà affrontare questi temi in un modo diverso. Abbiamo parlato con la futura commissaria Ylva Johannson (all’immigrazione, socialdemocratica svedese, ndr) di come possiamo sbloccare la situazione nel Consiglio. La questione ha a che vedere con la struttura stessa dell’Unione e dei suoi poteri. Ma è uno degli obiettivi che ci siamo dati.

Il Psoe andaluso in queste ore subisce una serie di guai giudiziari. Ma soprattutto sul piano della linea politica, c’è una svolta che i partiti socialisti e socialdemocratici stentano a fare, una svolta che anche il Pd in Italia tenta con fatica. C’è una nuova direzione della socialdemocrazia europea, dopo gli anni dell’illusione sul ‘miracolo’ della globalizzazione?

La direzione è mantenere i valori della socialdemocrazia, quelli che hanno costruito l’Europa, ma dobbiamo aprirci, capire che la partecipazione politica è cambiata. La crisi della socialdemocrazia e quella dell’Europa sono andate di pari passo. Oggi serve più Europa e più socialdemocrazia aperta, ugualitaria. E diversa: abbiamo commesso errori, certo. Serve una riflessione. E un cambio: la nostra politica deve essere più vicina alle persone.