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Gamal al-Ghitani era uno dei più noti e acclamati scrittori egiziani degli ultimi decenni. Un classico, anche se aveva solo settanta anni. I suoi libri, tradotti in tante lingue, sono capolavori della letteratura araba. In Zayni Barakat, pubblicato nel 1974 e ambientato nel sedicesimo secolo, la rappresentazione di un potere mamelucco corrotto e declinante diventa metafora dell’individualismo dei potenti e dell’ipocrisia delle riforme nell’Egitto di Nasser. E c’è chi sostiene che con questa denuncia politica, che si legge come un romanzo storico, al-Ghitani si sia imposto come il degno erede di Nagib Mahfuz.
Nel Libro delle illuminazioni («Kitâb al-tajliyyât»), la morte del padre diventa il punto di partenza per un viaggio interiore il cui scopo è trascendere se stessi. E questa opera autobiografica, che si legge come un trattato filosofico, lo ha trasformato nell’erede di tutto un patrimonio narrativo, in cui la mistica sufi è così presente da essere vita vissuta.

Scrittore prolifico, poliedrico, al-Ghitani lascia un’opera ambiziosa e variegata, che possiede le sfaccettature dell’Egitto contemporaneo. Eppure, nel suo ambiente, niente lo predisponeva a diventare una voce di spicco e nemmeno uno scrittore tra i tanti. Approdato al Cairo dall’Alto Egitto, Gamal al Ghitani veniva da una famiglia modesta. Dopo una scuola professionale, aveva iniziato a lavorare come tessitore di tappeti. E forse questo passato di artigiano, di uomo che si alzava all’alba per lavorare con le sue mani, aveva forgiato un’umiltà che poteva apparire anche ruvida.  E’ proprio grazie a questo piglio che l’autore ha improntato la sua vita all’«azione». Ha cominciato a pubblicare racconti, ma poi una sua critica a Nasser gli è costata mesi di prigione, tra il 1966 e il 1967. Assunto nel 1969 come inviato di guerra dal quotidiano Akhbâr al-yawm, nel 1970 è stato interdetto dalla possibilità di pubblicare per aver criticato Sadat. Reintegrato al giornale, si è fatto strada fino a prendere le redini dell’intera sezione letteraria.

Nel 1993 ha fondato un supplemento letterario, Akhbâr al-adab, che si è imposto come rivista culturale di prestigio in tutto il mondo arabo. L’ha diretta fino al 2011. Ha seguito con passione febbrile e puntiglio giornalistico le rivolte in Egitto, celebrando la caduta di Mubarak come lo spiraglio di una nuova era di libertà. Insieme ad altri intellettuali e all’uomo d’affari Nagib al-Sawiris, ha contribuito alla fondazione del Partito degli Egiziani Liberi, che si proponeva di fermare l’avanzata dei Fratelli musulmani in vista delle elezioni presidenziali del 2012.

In una delle sue tribune politiche su Akhbâr al-yawm, il 18 settembre 2012, al-Ghitani ha chiarito però di non voler essere membro di alcun partito, per salvaguardare il suo ruolo di intellettuale indipendente. Ciò non gli ha impedito di sostenere pubblicamente al-Sisi, in cui diceva di riconoscere le caratteristiche del leader.
Ci piace infine ricordarlo con le parole di un altro scrittore egiziano, Youssef Rakha: «Gamal al Ghitani era un’autorità culturale, ma un’autorità vicina all’arte e lontana dalla corruzione. Uno dei maggiori esponenti della generazione degli anni Sessanta. E anche se non ero d’accordo con tutto quello che faceva come personalità pubblica, la sua presenza nel suo campo, e nella vita, era rassicurante».