La plastica è ovunque, in ogni forma e dimensione. E’ la seconda emergenza ambientale globale dopo i cambiamenti climatici, una «pandemia» che non risparmia nessun angolo del mondo. A testimoniarlo ci sono pile di dati, che riguardano soprattutto le acque sia dolci che salate, i destinatari finali di questo vortice impazzito di polimeri di sintesi che a tre quarti di secolo dalla loro invenzione hanno invaso il mondo intero.

SULLA QUANTITA’ PRECISA di plastiche e microplastiche disperse nelle acque i dati scientifici sono variabili ma sono comunque cifre agghiaccianti. Uno studio pubblicato nel 2014 sulla rivista Plos One, stimava che ce ne fossero un minimo di 5,25 trilioni di pezzi, per un peso complessivo intorno alle 268.940 tonnellate. Uno studio di Science dell’anno successivo ha stimato che ogni anno arrivino in mare tra i 4 e i 12 milioni di tonnellate, ovvero una percentuale compresa tra l’1,5 per cento e il 4,5 per cento della produzione mondiale. E questo ammontare raddoppierà nei prossimi 10 anni.

NELLO STESSO PERIODO E’ ARRIVATA l’orrida previsione della Fondazione Ellen Macarthur: dal 2050 nei nostri mari ed oceani ci sarà più plastica che pesci. Difficile venga smentita, se i ritmi di produzione e consumo nella continuano ad essere quelli attuali, in ogni settore. Prendiamo quello dell’acqua venduta in bottiglia di plastica: i dati di mercato indicano un fatturato mondiale in continua crescita. Al momento nel mondo si bevono circa 450 miliardi di litri all’anno di acqua in bottiglia; i più assetati sono i messicani, con una media di 250 litri a persona, poi i tahilandesi e poi, sorpresa, gli italiani.

SECONDO UNA RICERCA DI ISMEA, l’istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, il numero delle bottiglie acquistate è passato da 5 miliardi del 2009 a 10 miliardi nel 2019. Una tale fotografia ci racconta come nonostante la recente ondata ecologista, e la relativa facilità del passaggio a una borraccia riutilizzabile, non si rinuncia ancora alla letale bottiglietta usa-e-getta», in un paese dove oltretutto l’acqua di rubinetto è nella maggior parte dei casi potabile e buona. Il nostro paese è anche il secondo più grande produttore di rifiuti plastici della regione del Mediterraneo: ogni anno riversiamo in natura 0,5 milioni di tonnellate di rifiuti plastici e produciamo 4 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui l’80% proviene dall’industria degli imballaggi: risulta che ogni anno 570 mila tonnellate di plastica finiscono nelle acque del mar Mediterraneo: come se ogni minuto gettassimo in acqua 33.800 bottigliette di plastica.

A CAUSA DELL’EMERGENZA Covid-19 la situazione non sembra destinata a migliorare. I primi dati disponibili in relazione agli aumenti di produzione, consumo e distribuzione non solo di dispositivi di sicurezza come mascherine, guanti e visiere, ma anche prodotti monouso e imballaggi, sono già da brivido. Un dato per tutti: secondo l’agenzia di business consulting Grand View Research, nel mondo, solo la vendita di mascherine usa e getta è passata da un ammontare di 800 milioni di dollari nel 2019 a 166 miliardi di dollari nel 2020. E non stiamo prendendo in considerazione l’enormità di rifiuti plastici che sta arrivando dall’incremento di acquisti on-line e di cibo da asporto, sempre accompagnati da una pletora di imballaggi.

C’è da sperare che gli effetti del repentino aumento di produzione e dell’utilizzo della plastica non siano altro che temporanei e non influenzeranno il lungo periodo, come ad esempio dice un report di Bloomber, e dipenderà anche dai comportamenti che adotteranno i singoli governi.

Ma se intanto non siamo nella fase più propizia per puntare alla riduzione a monte, non dimentichiamoci che è possibile agire a valle: la raccolta è fondamentale perché anche secondo gli esperti in cima alla catena dei problemi legati alle plastiche prima ancora dell’eccesso di produzione, viene l’inefficienza dello smaltimento, che è più costoso della produzione.

NEGLI ULTIMI ANNI SI SONO SVILUPPATE una serie di tecnologie che sono in grado di operare in questo senso; fra queste forse la più conosciuta e mastodontica è l’operazione The Ocean Clean Up, che su iniziativa di un giovanissimo ingegnere olandese ha iniziato a prelevare plastica dagli oceani ed ora anche dai fiumi con dei marchingegni da lui brevettati.

Ma esistono anche dispositivi più semplici e ridotti che consentono a singole amministrazioni di concerto con i cittadini di attivarsi per ripulire i propri corsi d’acqua da plastiche e microplastiche in maniera continua ed efficace. Qualche anno fa due surfisti australiani si sono inventati il Sea bin, un cestino galleggiante dotato di pompa che risucchia e raccoglie i rifiuti dall’acqua tra cui le microplastiche. Semplicissimo ed efficace, in aree come i porti è in grado di catturare più di 500 chili di rifiuti all’anno; ha fatto il giro del mondo ed è arrivato anche in Italia con il progetto LifeGate PlasticLess che mira a posizionare il maggior numero possibile di Seabin per ripulire anche il mar Mediterraneo dalla plastica. Andando sulla pagina del progetto (https://www.lifegate.it/longform/terra-plastica-invertire-rotta-coop-seabin) è possibile visualizzare la mappa dei seabin installati in particolare grazie alla partnership fra Lifegate e COOP, che ha lanciato la campagna Le nostre acque.

DAL TIRRENO ALL’ADRIATICO, dall’Arno al Po, l’iniziativa partita due mesi e mezzo fa mira a collocare 25 Seabin in tutta Italia. La campagna inaugurata da COOP era stata anticipata già nel 2019, dall’installazione di un primo Seabin presso la Marina di Sestri Ponente, in provincia di Genova, dove in un solo anno il cestino ha raccolto ben 1.700 chilogrammi di rifiuti galleggianti. Un risultato eccezionale, dovuto a un posizionamento strategico e a un’oculata manutenzione. Poi lo scorso luglio è partito dal cuore di Firenze, sull’Arno, un vero e proprio percorso che durerà fino al 2021.

La tappa più recente si è svolta a Milano: da qualche giorno in Darsena un semplice secchiello che galleggia a pelo d’acqua filtra ben 25 mila litri di acqua ogni ora e viene svuotato dall’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. In ogni tappa, infatti, il progetto ha contato sulla collaborazione di un partner locale che si occupa del controllo e dello svuotamento del cestello. L’operazione dovrebbe avvenire, con tutte le variazioni del caso (quantità di plastica, posizionamento, correnti etc) circa una volta al giorno: marine, circoli canottieri, associazioni locali sono stati coinvolti a Pescara, a Genova, sul Lago Maggiore, a Castiglione della Pescaia a Livorno e appunto a Milano.

MANCANO ANCORA 18 TAPPE, e nel frattempo un contatore visualizzabile, sempre dalla pagina di LifeGate Plastic Less , aggiorna in tempo reale i chilogrammi di plastica raccolti dalla campagna: in questo momento sono 2.044, una cifra che equivale a circa 408 mila sacchetti di plastica.