C’è un divario tra la pretesa di governare il mondo e dare indicazioni al pianeta sulla strada da prendere da parte del G7 e la situazione reale attuale, con la pressione esercitata dalle nazioni emergenti. Il G7, che aveva come capitolo principale dell’agenda la questione climatica, dà qualche indicazione al resto del mondo, ma per arrivare a qualcosa di più concreto bisognerà aspettare la Conferenza dell’Onu di dicembre a Parigi, la Cop21. Il G7 è come un’ombra del passato che sopravvive in un presente ormai molto lontano dalla situazione che dominava nel 1975, quando nacque il G5, presto diventato G7 (nel 1976 a Usa, Germania, Francia, Gran Bretagna e Giappone si unirono Italia e Canada), poi G8 nel 1998 con l’arrivo della Russia e dal 2014 di nuovo ridimensionato a sette paesi, a causa della tensione con Mosca per l’annessione della Crimea. All’interno stesso del gruppo delle nazioni più industrializzate le relazioni sono in una fase di grande cambiamento: il simbolo del mutamento in corso è il negoziato sul Ttip, la cosiddetta Nato del commercio tra Usa e Ue, che ieri al castello di Elmau i sette hanno auspicato si concluda “entro l’anno”, per l’Europa una prospettiva di riduzione a spazio economico integrato nell’area transatlantica, con la conseguente rinuncia a un progetto di società meno diseguale. Se c’era bisogno di una prova, è arrivata, in negativo, dalla crisi della Grecia: il mancato accordo tra i creditori e Atene ha invaso i colloqui di Elmau, mostrando la debolezza della zona euro, in grandi difficoltà a trovare una soluzione per un paese che pesa il tra il 2 e il 3% del pil dell’area della moneta comune. In prospettiva, la riconferma del dollaro come moneta dominante.

Il clima. François Hollande ha espresso soddisfazione per un comunicato finale che va “nella buona direzione” ed è “ambizioso e realista”. Hollande difende la Cop21, la Conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico che sarà ospitata da Parigi a fine anno e che spera non finisca in un fallimento come a Copenhagen. Molte organizzazioni ecologiste parlando invece di “delusione” (ma Greenpeace sottolinea dei “passi avanti”). Sono certo state strappate alcune concessioni a Giappone e Canada, i due paesi più reticenti ad impegnarsi sulla riduzione delle emissioni di Co2 (perché molto dipendenti dalle energie fossili, che hanno fatto un gran ritorno in Giappone dopo il disastro di Fukushima). Il risultato di un “negoziato difficile”, di un “duro lavoro”, per Angela Mzrkel. Del resto, anche gli Usa non mostrano molto entusiasmo su questo fronte. Tutto è rimandato a un Protocollo da firmare alla Cop21, ma il G7 ritiene “necessario” contenere il riscaldamento climatico al di sotto dei 2°. Ci sono incitazioni a sviluppare le energie rinnovabili e ad agire a favore della protezione dell’ambiente marino. E l’indicazione di un’ampia forbice tra il 40 e il 70% per la riduzione del gas a effetto serra entro il 2050. Viene anche citato il fondo annuale di 100 miliardi di dollari dal 2020 per aiutare la transizione energetica nei paesi più poveri, ma il testo finale di Elmau è silenzioso su come avverrà il finanziamento di questo programma.

Grecia. Angela Merkel voleva evitare a tutti i costi che la grana greca invadesse il “suo” G7. Ma Barak Obama ha fatto grandi pressioni sugli europei perché risolvano il problema evitando di creare una “volatilità inopportuna” sui mercati finanziari. Il fronte dei creditori è di nuovo diviso: l’Fmi insiste sulla riforma delle pensioni, dell’Iva e del mercato del lavoro, perché vuole effetti immediati per avere la certezza di essere rimborsato (ha prestato 32 miliardi a 10 anni), mentre chiede alla Ue reticente di rinegoziare il debito greco salito a 320 miliardi, oggettivamente insostenibile. Gli europei non hanno nascosto una forte irritazione contro Tsipras, un “bugiardo” per il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che afferma di non aver ricevuto, come promesso, un nuovo testo di proposte da Atene. “Se si vuole conservare l’amicizia – ha detto Juncker – bisogna rispettare un minimo di regole”. Ieri, Yanis Varougakis ha incontrato Wolfgang Schäuble a Berlino e mercoledi’, se ci saranno nuove proposte greche, ci dovrebbe essere un nuovo vertice a Bruxelles con Merkel, Hollande e Tsipras.

Ucraina. Il G7 ha ribadito la condanna dell’annessione della Crimea da parte della Russia e ha messo in guardia Putin: la “durata delle sanzioni deve essere chiaramente legata alla messa in opera integrale degli accordi di Minsk” (del 12 febbraio 2015). Le sanzioni potranno persino aumentare e in ogni caso saranno levate solo “quando la Russia onorerà gli impegni”. Congratulazioni, invece, al governo ucraino per le sue “riforme”, che vanno nella buona direzione.

Diplomazia. Brevi cenni sull’universo delle crisi mondiali nel comunicato finale, dalla Siria, alla Libia, allo Yemen, fino a Israele-Palestina, passando per la lotta alla proliferazione nucleare con riferimenti all’Iran (in favore di un accordo entro il 30 giugno) e alla Corea del Nord (condanna per lo sviluppo del programma nucleare). Preoccupazioni per le “tensioni” crescenti nel Mar di Cina. Veloci riferimenti a una “strategia” per l’Africa, per l’Afghanistan o per il Nepal. Ribadito l’impegno alla lotta al terrorismo e al suo finanziamento. Ma nessun impegno preciso su nessuno di questi fronti.

Migranti. Il G7 invita a “lottare” contro il traffico di esseri umani. Deplora la “tragedia” del Mediterraneo, esprime una preoccupazione crescente. Ma nulla di più.

Crisi economica. C’è la ripresa, anche se non dappertutto. La disoccupazione persistente preoccupa. Renzi si rallegra: “l’Italia è parte della soluzione della crisi economica, non più parte del problema”. Una piccola apertura nel comunicato di Elmau sui budget pubblici: da valutarsi “in modo flessibile, per tener conto della congiuntura”. Il G7 invita a una migliore cooperazione in campo fiscale, per lottare contro evasione e corruzione. E spinge per lo sviluppo dell’imprenditoria al femminile.