Controffensiva del G7 nella diplomazia mondiale dei vaccini, in risposta all’attivismo di Cina e Russia, che usano la lotta al Covid per aumentare la rispettiva influenza.

Sotto presidenza britannica, si è svolto ieri il primo G7 dopo quello di aprile 2020, con i leader di Gran Bretagna, Usa, Canada, Giappone, Francia, Germania e Giappone (più i presidenti di Commissione e Consiglio Ue), in video-conferenza, prima dell’appuntamento in presenza dall’11 al 13 giugno prossimo, a Saint-Yves in Cornovaglia (con Australia, Corea del Sud e India invitati).

I 7 paesi più industrializzati dell’Occidente hanno messo sul tavolo 7,5 miliardi di dollari per permettere che i vaccini arrivino anche ai paesi in via di sviluppo, una lotta contro il tempo prima che le varianti prendano il sopravvento con il rischio di annientare gli sforzi fatti finora, anche se vista la penuria di dosi nei paesi ricchi la traduzione concreta dell’offensiva non sarà immediata.

Oggi circa 130 paesi nel mondo non hanno nessun vaccino, mentre i paesi ricchi hanno ordinato più di tre miliardi di dosi, 1,2 miliardi più del necessario. La Ue ha ordinato dosi per vaccinare 2,7 volte la propria popolazione, La Gran Bretagna 3,6 volte, gli Usa il doppio, mentre i paesi dell’Unione africana ne hanno ordinati per coprire solo il 38% della popolazione, l’India il 4% (116 milioni, malgrado il paese sia un grande produttore mondiale di medicinali).

Con l’arrivo di Joe Biden, al suo primo G7 assieme a Mario Draghi, l’Occidente torna al multilateralismo. Lo ha sottolineato ieri la cancelliera Angela Merkel: «Il multilateralismo è rafforzato, avrà di nuovo maggiori possibilità».

Intanto gli Usa tornano ufficialmente nell’Accordo di Parigi sul clima, rovesciando la decisione di Donald Trump. Ed entrano anche nello strumento per diffondere la vaccinazione nel mondo, a cui Trump aveva voltato le spalle: il Covax, il programma lanciato dall’Oms un anno fa, che però con il regime attuale non ha la potenzialità di vaccinare più del 20% della popolazione mondiale.

La Ue ieri ha raddoppiato il contributo (da 500 milioni a un miliardo), la Germania mette 1,5 miliardi, gli Usa 4 miliardi, la metà «molto rapidamente», il resto tra quest’anno e il prossimo, più 13 milioni di dosi a breve per il personale sanitario in Africa. Boris Johnson, che presiede il G7, ha assicurato che la Gran Bretagna darà al terzo mondo il surplus di dosi ordinate (400 milioni).

Emmanuel Macron ha proposto di destinare tra il 3 e il 5% delle dosi all’Africa, Merkel è d’accordo: c’è un «rischio di guerra di influenza sui vaccini», ha messo in guardia il presidente francese, che ritiene «insostenibile» lasciare che «si diffonda l’idea che centinaia di migliaia di vaccini si stanno facendo nei paesi ricchi e che non si comincia a vaccinare nei paesi poveri» (e vista l’offerta modesta del 3-5% assicura che non ci sarà nessun impatto sulla strategia vaccinale nella Ue).

L’ambasciatrice britannica all’Onu, Woodward, ripete: «Nessuno è al sicuro finché tutti non lo sono». Il G7 sfida Cina e Russia, invitando i due paesi a contribuire a Covax e a dare la prova della loro adesione al multilateralismo, invece di proseguire in un approccio bilaterale nella logica di una diplomazia vaccinale che scade in clientelismo.

Il Canada dovrà cambiare strategia: il premier Justin Trudeau ha usato 1,9 milioni dosi del Covax per vaccinare i propri cittadini.

Johnson ha proposto di accelerare sui tempi della ricerca, anche per le sfide del futuro, che non mancheranno, riducendo a 100 giorni i tempi per i nuovi vaccini. Sta preparando il G7 di giugno, ampiamente dedicato alla lotta al riscaldamento climatico. A novembre la Gran Bretagna ospita a Glasgow la Cop26 sul clima.