La VI Conferenza nazionale sulle droghe ha affrontato la dimensione internazionale solo in due momenti: Di Maio, che ha elencato gli sforzi dell’Italia in seno a Onu, Osce e nei rapporti bilaterali per il contrasto al narcotraffico, Orlando che ha articolato l’unica critica all’impianto punizionista della Legge 309/90 e alle ipocrisie che inquadrano il dibattito ricordando le decisione della Germania di legalizzare la cannabis – “non esiste una via italiana della lotta alla droga” ha detto, occorre guardare almeno all’Europa.

Alla vigilia dell’incontro governativo la Società Civile si è autoconvocata a Genova per affermare “Stop the war on drugs: Facciamo la pace con le droghe e con chi le usa”. Sono stati affrontati temi assenti nel programma ufficiale come l’analisi dell’impatto sui diritti umani del Testo Unico sugli stupefacenti, usi e stili di consumi e, per l’appunto, il panorama internazionale. Prima dell’arrivo della ministra Dadone, la prima ministra alle politiche antidroga che partecipa a un incontro delle associazioni, sono state ascoltate le esperienze internazionali sulla cannabis in rapporto con le convenzioni internazionali. Leonardo Fiorentini, direttore di FuoriLuogo, ha ricordato che le politiche nazionali sugli stupefacenti derivano dalle Convenzioni dell’Onu del ‘61, ‘71 e ‘88. Se 40 anni fa erano usate per giustificare le più violente guerre alla droga, negli ultimi anni “flessibilità” e “interpretazione” hanno aperto la strada ai governi che hanno avviato riforme strutturali.

Il meccanismo delle Convenzioni, e la loro stessa base ideologica, rende impossibile la loro riforma. Un processo pragmatico di svuotamento che come dimostrano i casi di Uruguay e Canada, pone la tutela della salute e la tutela dei diritti di chi consuma senza recar danno ad altri alla base della rivendicazione della sovranità nazionale. Nazlee Maghsoudi del Centre on Drug Policy Evaluation di Toronto ha ricordato il complesso processo politico che ha portato il Canada a legalizzare la cannabis. Se si sono create le condizioni per creare un mercato realmente controllabile, restano grossi problemi di giustizia sociale ed è incerta la sorte di chi ha subito condanne o è in carcere per violazioni dei divieti cancellati. Daniel Radío Presta, segretario generale della Giunta Nazionale di Droghe dell’Uruguay, si è soffermato sugli aspetti positivi della regolamentazione della cannabis nel suo paese – il primo al mondo a rompere col proibizionismo globale. Il fenomeno si è sostanzialmente contenuto, l’età di primo consumo e la percezione del rischio sono aumentate.

L’ufficio di Radío Presta produce statistiche e studi per valutare costantemente l’impatto della legalizzazione e raccomandare eventuali aggiustamenti, un approccio adottato anche dal Canada che ha già aggiustato la legge del 2018. Maritza Perez della Drug Policy Alliance ha informato dell’imminente possibilità che il Senato Usa riprenda la discussione sul cosiddetto More Act adottato un anno fa dalla Camera con uno storico voto a favore della cancellazione della marijuana dalla prima tabella della legge federale sulle droghe. Tra i primi firmatari c’era l’allora senatrice Kamala Harris. Anche se tra i repubblicani c’è chi è a favore di una riforma, Joe Biden resta scettico su una modifica di tale portata.

Essendo gli Usa entrati in campagna elettorale per le politiche di mid-term, il tema potrebbe diventare motivo di aspro confronto nelle prossime settimane. Chuck Schumer, capogruppo Dem in Senato è però risoluto nel procedere. Andrew Bonello, direttore di Releaf Malta ha annunciato che il governo dell’isola sta per concludere una consultazione nazionale per regolare la cannabis: poche piante consentite e molte restrizioni ma sicuramente un passo avanti rispetto al contesto attuale. Usa e Canada stanno anche regolamentando gli psichedelici, depenalizzati anche per usi non medici, il Governo Trudeau ha esonerato alcuni malati dalla legge sulle droghe per fare consentire il ricorso alle psilocibine nelle fasi finali della loro vita. Esperienze e analisi che avrebbero potuto animare la Conferenza nazionale, proprio come gli interventi di Gelmini e Fedriga che hanno seguito quello di Orlando, fermi sulla proibizione a tutto.