Fuori Montezemolo, la Ferrari alla corte di Marchionne
L'addio Dopo 23 anni il manager lascia, 27 milioni di buonuscita. L'ad di Fca gli subentra come presidente: «Ora dobbiamo tornare a vincere». Il Cavallino utile alla Fiat-Chrysler: darà lustro alla imminente quotazione del titolo a Wall Street
L'addio Dopo 23 anni il manager lascia, 27 milioni di buonuscita. L'ad di Fca gli subentra come presidente: «Ora dobbiamo tornare a vincere». Il Cavallino utile alla Fiat-Chrysler: darà lustro alla imminente quotazione del titolo a Wall Street
Sergio Marchionne non poteva più tollerare che la Ferrari, il brand più powerful del pianeta, continuasse a perdere in pista: anche perché la crisi del Cavallino in Formula 1 stava cominciando a creare seri problemi per la produzione. E così, il manager storico della casa di Maranello – già ai tempi dell’Avvocato Agnelli, negli anni Settanta, e poi dal 1991 – è stato costretto a lasciare la presidenza: «È finita un’epoca e ora è giusto che alla guida vada Marchionne», ha spiegato Luca Cordero di Montezemolo nella conferenza stampa di commiato, a fianco dello stesso ad di Fca Fiat-Chrysler. Ma piangerà con un occhio solo: la buonuscita, ha fatto sapere la stessa Fiat, è di quasi 27 milioni di euro.
Ma perché questo strappo? Marchionne vuole approdare a Wall Street con la sua creatura più importante – Fca sarà quotata il 13 ottobre, stesso giorno in cui Montezemolo gli passerà il testimone della presidenza – con un fiore all’occhiello speciale: la Rossa, conosciutissima negli Usa e nel mondo.
Rossa che «sicuramente tornerà a vincere – ha detto deciso Marchionne – Lo faremo perché è essenziale». «Vincere in pista non è negoziabile – ha spiegato il “manager dei due mondi” – perché qualsiasi tipo di vettura facciamo, il vero sostegno al resto della Ferrari, all’azienda nel suo complesso, lo dà la credibilità in pista».
L’immagine del Cavallino potrà dare lustro al nuovo gruppo Fca, perché verrà percepito come sua parte integrante, essendo la nuova guida passata nelle mani di Sergio Marchionne. Anche se l’ad ha tenuto a precisare che il brand Ferrari «resterà indipendente da Fca», rimarrà una cosa a sé anche rispetto al polo del lusso rappresentato da Alfa Romeo e Maserati.
«L’indipendenza della Ferrari non verrà mai messa in discussione, il successo è legato alla sua esclusività», ha spiegato Marchionne. Molti avevano sospettato, e anche scritto negli ultimi giorni, dopo i recenti scontri tra l’ad e Montezemolo, che fosse proprio la strategia sul futuro a dividere i due manager: Marchionne favorevole a integrare Ferrari in Fca, Montezemolo contrario. Ma Marchionne ha smentito: «Non c’è la minima intenzione di integrare in questo senso Ferrari in Fiat Chrysler, è una società del gruppo ma manterrà la sua autonomia. Sono state scritte tante cose non corrette».
Non sono vere neppure le voci sull’arrivo di Harald Wester, attuale ad di Maserati e Alfa. Resterà Amedeo Felisa. Il neopresidente difende l’«italianità» della Rossa: «Sarebbe osceno, inconcepibile produrla in America o fuori dall’Italia. La Ferrari è e resterà a Maranello, non bisogna scherzare sulla realtà produttiva dell’azienda». Non cambiano nemmeno le linee strategiche: resta il tetto di 7 mila vetture che potrà essere solo ritoccato (già il piano di Detroit indicava la possibilità di arrivare fino a 10 mila).
«Finisce un’epoca e ho quindi deciso di lasciare la presidenza dopo quasi 23 anni meravigliosi e indimenticabili, dopo quelli passati a fianco di Enzo Ferrari negli anni Settanta», ha detto Montezemolo. «La Ferrari è la più bella azienda del mondo e per me è stato un grande privilegio e onore esserne stato il leader. Le ho dedicato tutto il mio impegno ed entusiasmo e insieme alla mia famiglia ha rappresentato e rappresenta la cosa più importante della mia vita».
Discendente da un’antica famiglia piemontese, di marchesi, Cordero di Montezemolo fin dalla fine degli anni Sessanta, ha guidato auto da corsa, partecipando a diversi rally a fianco dell’amico Cristiano Rattazzi. In quegli stessi anni conosce gli Agnelli e fin da allora entra nelle simpatie di Gianni.
Dal 1973 è assistente di Enzo Ferrari, e responsabile della squadra corse: sotto la sua gestione la Ferrari vince il Campionato mondiale costruttori di Formula 1 per tre anni di seguito, dal 1975 al 1977, e due campionati mondiali piloti con Niki Lauda nel 1975 e 1977. Nel 1977 lascia la Ferrari e diventa responsabile relazioni esterne della Fiat, poi passerà alla Itedi (editore della Stampa) e alla Cinzano.
Nel 1991 Montezemolo torna alla Ferrari, e nel 2000 riporta il Cavallino a vincere (dopo 20 anni di digiuno), con Jean Todt e Michael Schumacher. Negli anni successivi, altri successi, e la Rossa vola (nei 23 anni a sua guida, la Ferrari conquista 118 gran premi, 6 mondiali piloti e 8 costruttori).
Le vittorie fanno impennare le vendite, il 2008 è l’anno record. Ma poi inizia il declino. Marchionne, nel suo «editto di Cernobbio», qualche giorno fa aveva ricordato che «nessuno è indispensabile» e che la Ferrari a guida Montezemolo non riusciva a vincere più.
Nella sua storia di manager, Montezemolo ha ricoperto ruoli anche in Rcs, Juventus, Unicredit, Poltrona Frau, Campari, Indesit, Maserati, nella Tod’s dell’amico Diego Della Valle. Con quest’ultimo, crea la Ntv (treni Italo).
Ma non basta: Montezemolo è stato anche presidente della Fieg (editori giornali), e dal 2004 presidente della Fiat (stesso anno in cui Marchionne ha preso il ruolo di ad), senza dimenticare dal 2004 al 2008 la presidenza della Confindustria. Una carriera blasonata, tra i manager più pagati d’Italia, e che potrebbe avere la sua prossima tappa come presidente della nuova Alitalia targata Etihad. Dopo aver incassato, ovviamente, la ricchissima buonuscita dal gruppo Fiat.
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