Quando si tratta di celebrare un personaggio nazionale, i francesi possono davvero perdere il senso della misura. Chi ha avuto la pazienza o la perversione, dipende dai punti di vista, di guardare dall’inizio alla fine gli ipertrofici funerali di Johnny Hallyday tenutisi sabato scorso a Parigi, ha potuto toccare con mano che cosa significa trasformare una dolente cerimonia per un morto in uno spettacolo dei e per i vivi eliminando completamente la parola che di solito si confà a tali eventi, ovvero sobrietà.

A parte i fan (un milione di persone venute da ogni angolo della Francia), fra ex presidenti con rispettive consorti o compagne, presidente in carica con première dame, 800 motociclisti in Harley Davidson, ministri ed ex ministri, sindaci, attori, cantanti, musicisti, registi, ex mogli ed ex compagne, produttori, c’erano così tanti volti noti che si faceva prima a dire chi non c’era che chi c’era. Ora, è vero che quando uno è morto bisognerebbe astenersi per compassione da critiche e appunti, ma diventa davvero difficile restare discreti quando si sente paragonare, come hanno fatto alcuni cronisti francesi, i funerali di Hallyday a quelli di Victor Hugo. Anche volendo limitarsi ai confronti musicali, stiamo parlando di un cantante molto amato solo in Francia e in Belgio, mica di Prince, David Bowie o Leonard Coen, per citare tre che ci hanno abbandonato da poco e lasciato davvero un segno nella storia della musica pop. Se da una parte è comprensibile salutare una star nazionale con un funerale/ spettacolo con tanto di bara bianca, palco e musica dentro e fuori la chiesa, dall’altra fa impressione che un presidente della Répulique aspetti il feretro e gli renda onore, come ha fatto Macron, con un discorso solenne degno di chi ha reso grande il Paese.

Essere amati dai propri beniamini non sempre significa essere eroi della patria, vendere milioni di dischi, portare bene una faccia da maledetto e saper organizzare mega concerti non fa entrare automaticamente nel Famedio dei grandi. Insomma, forse Macron poteva essere più misurato, non foss’altro per i trascorsi di Hallyday in fatto di tasse e residenze fiscali. La rockstar che ha iniziato la sua carriera imitando Elvis Presley ha accumulato una discreta fortuna, ma aveva anche le mani bucate. Ville, auto, jet privato, generosità con gli amici, acquisti impulsivi, investimenti sbagliati, conduceva una vita così dispendiosa che, secondo un’inchiesta condotta nel 2011 da les Inrockuptibles, gli costava fino a 400mila euro al mese. Ogni tanto, però, non si sa se consapevolmente o per colpa di amministratori non proprio specchiati, ha omesso di dichiarare alcuni milioni delle sue entrate e ha avuto più di un contenzioso con il fisco francese.

Dopo aver tentato di spostare la residenza a Monaco, nel 2007 si installa ufficialmente a Gstaad, in Svizzera, ma neanche lì le cose vanno bene perché, benché possa beneficiare di un accordo che gli permette di pagare un forfait di soli 607mila euro l’anno, da una parte il fisco francese continua a reclamare le tasse su concerti e vendite, dall’altra lui non si trattiene dallo spendere e spandere. Finisce che nel 2013 lascia la Svizzera per prendere la residenza negli Usa. Hallyday è stato sepolto nell’isola di St.Barthélemy, Antille francesi, dove possiede una magnifica villa. Secondo una legge del 2007, chi risiede lì da più di 5 anni non paga di tasse sul reddito, sulle proprietà immobiliari nell’isola, sulla salute, sull’Iva, sull’eredità. Se fossimo cattivi diremmo: refrattario fino alla fine. Invece siamo più sobri e lo salutiamo con un: gli piaceva tanto il mare.

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