A novantadue anni si è spento domenica un importante filosofo come Fulvio Papi. Nato a Trieste nel 1930, ha sempre vissuto a Milano, dove si è laureato in Statale con Antonio Banfi (1886-1957), di cui è diventato assistente, mentre ha iniziato a lavorare al quotidiano socialista Avanti!, prima per la pagina culturale, poi per la politica estera e, infine, come vice-direttore, collaborando con Riccardo Lombardi (1901-1984). In questa veste, allo scoppio dei «fatti d’Ungheria» (1956), pubblicò, in prima pagina sull’Avanti!, un coraggioso corsivo, in cui difendeva apertamente gli studenti e gli operai insorti, mentre l’Unità, diretta da Pietro Ingrao inneggiava ai carri armati sovietici.

LA SUA FORMAZIONE ha trovato una straordinaria realizzazione nella monografia Il pensiero di Antonio Banfi (1961), con cui il pensiero del filosofo milanese è inserito, in modo coerente e rigoroso, nel contesto internazionale, illustrando le differenti movenze del razionalismo critico. Questo imprinting riemerge nell’Antropologia e civiltà di Giordano Bruno (1968, poi 2006) che costituisce, ancor oggi, un punto di riferimento per gli studi bruniani perché la filosofia del nolano è declinata alla luce dei grandi temi della modernità.

LASCIANDO IL LAVORO giornalistico, Papi diventa docente di Filosofia teoretica nell’ateneo di Pavia, dove insegna per 35 anni, dando vita a una regolare e originale attività di studio e ricerca, documentata dai suoi numerosissimi volumi. Tra questi si segnalano gli studi sul Kant precritico (Cosmologia e civiltà, 1969), su Marx (Il sogno filosofico della storia, 1994 e il fondamentale Dalla parte di Marx, 2014, in cui delinea la genealogia critica della contemporaneità), su Hegel (2000), su Antonia Pozzi (2009 e 2013), sulla filosofia dell’arte (1992), sul fare filosofico (1998), sull’ontologia (2005), sul pensiero del nulla (2009), su Bruno (2010) e via dicendo.

INTRECCIANDO pensiero e memoria, Papi costruisce un suo originale stile che matura in Vita e filosofia (1990), in cui la «scuola di Milano» (Banfi, Cantoni, Paci e Preti) è studiata nelle sue movenze e nelle sue varie progettualità, volte a costruire una nuova teoresi in grado di riscattare l’Italia dalla cultura fascista. Fioriscono così indagini sui Racconti della ragione (1998), La memoria ostinata (2005), Banfi, dal pacifismo alla questione comunista (2007), la formazione in epoca fascista (Per andare dove, 2020 e Figli del tempo, 2021).

CON PAPI MUORE l’ultima grande voce della «scuola di Milano» che si intreccia con la cultura di questa città che già Gramsci, negli anni Venti, segnalava costituire il «problema Milano». A Milano esiste infatti una tradizione di ascendenza internazionale e illuminista che attesta la vocazione europea di questa metropoli nel momento stesso in cui pone alle forze della sinistra il compito di costruire una nuova cultura alternativa a quella che nutre il fascismo permanente della nostra tradizione.