In tempi di overdose televisiva di talk show e di spot elettorali, ma anche di chiacchiere e veleni (spesso non immotivati) su potere e strapotere dei media e di quella che viene spesso definita «casta» giornalistica, sembra cadere a fagiolo la presentazione a Roma di Frost/Nixon (all’Argentina, ancora stasera l’ultima replica). Lo spettacolo, sul testo del drammaturgo e sceneggiatore inglese Peter Morgan (sua la scrittura di The Queen con Helen Mirren) ricostruisce la preparazione e la «consumazione» della famosa intervista rilasciata all’anchorman David Frost dal presidente Usa Richard Nixon, dopo lo scandalo Watergate che gli aveva provocato l’impeachment. L’intervista è quella decisiva in cui il presidente furfante ammette per la prima volta le sue responsabilità, e anche traffici, e manovre, e bugie, dietro i quali aveva cercato di ripararsi. Insomma fu la sua vera «caporetto» politica, e definitiva.

Il Teatro dell’Elfo afferra il testo con grande energia e spigliatezza, quasi sulla scia di uno loro spettacolo di qualche anno fa, ben più impegnativo ma in qualche modo attinente come spaccato della società d’oltreoceano, Angels in America. Qui i due fondatori dell’Elfo, Ferdinando Bruni e Elio De Capitani, appaiono di nuovo insieme, uno contro l’altro armati di dialettica e di tecnica mediologica, ma soprattutto teatrale (il primo è Frost, l’altro il presidente) e assieme firmano la regia. E sono bravissimi e convincenti: il tempo dello spettacolo (cui partecipano diversi altri attori dell’Elfo) scorre via come una veloce macchina narrativa, lasciando solo ogni tanto allo spettatore appena un istante per fare collegamenti con l’oggi dello spionaggio planetario sotto Obama, e soprattutto con l’Italia (indimenticabili restano per altro i saluti di diversi spettatori illustri presenti alla prima, che in assoluta par condicio baciavano prima Bertinotti e poi Gianni Letta…). L’elemento forse un po’ debole sta proprio nel testo, nella sua drammaturgia tagliente ma spesso «di superficie». Eppure il confronto Frost/Nixon, oltre che una prova di bravura degli interpreti, resta una grande lezione di educazione civica e planetaria.