Come molti analisti non mancano di notare, l’affermazione di Fratelli d’Italia è determinata da fattori concomitanti e diversi che non possono essere taciuti. Si dica solo: una legge elettorale che favorisce la composizione di un parlamento degradato; un astensionismo che sfiora il quaranta per cento; una clamorosa insipienza tattica vicina alla rotonda imbecillità politica delle compagini alternative al cartello elettorale di destra. Così, poco meno di un terzo (181 su 606) dei deputati e dei senatori della diciannovesima legislatura apertasi il 13 ottobre 2022 sono eletti nelle liste di un partito, Fratelli d’Italia, di ascendenza fascistica.

Nel dicembre del 1946, esponenti della Repubblica Sociale Italiana fondano il Movimento Sociale Italiano che si presenta come una filiazione diretta del fascismo e ne intende conservare le idealità e i valori. Il Movimento Sociale Italiano si attesta, pur attraversando fasi alterne nei consensi elettorali, e assicura una presenza permanente di una formazione neofascista nel parlamento. E, più ancora, agisce nelle dinamiche politiche non solo legali, ma altresì nelle trame semilegali e illegali che si muovono a contrastare lo spirito e la lettera della Costituzione della Repubblica.

Nel Movimento Sociale, sulle forme e sui termini della rivendicata ascendenza fascista nel corso dei decenni, nei settantasei anni che corrono dal 1946 al 2022, diverse sono, tattiche o di prospettiva, le accentuazioni, le tesi e le alleanze che, volta a volta, nel solco di quella eredità politica, prevalgono in questa o quella componente, nelle dichiarazioni programmatiche dell’uno o dell’altro esponente del partito. Scomparso alla fine degli anni Ottanta Giorgio Almirante, alla metà degli anni Novanta emergono nel Movimento Sociale due linee. Una intesa ad una qualche più dichiarata discontinuità con alcuni aspetti del fascismo-regime e del fascismo di Salò; l’altra determinata a ribadire una non esaurita attualità, nelle loro ragioni di fondo, di quelle storiche esperienze, politiche e ideali, accumulate tra 1919 e 1945.

È del resto allora, negli anni Novanta, che si assiste al dispiegato avvio della mutazione profonda che, ininterrotta e saliente, pervasiva e brada, investe la società italiana, i rapporti di produzione e la finanza, le istituzioni e i costumi, le culture e la comunicazione. Una insorgenza da potersi dire d’ordine ‘strutturale’ e che si esprime da allora, entro i sicuri supporti di ricchezza e i solidi intrecci di potere che dall’Unità assicurano in Italia le mafie, nella esemplare, così ‘italiana’ ahimè, figura di Silvio Berlusconi.

È allora, dicevo, che le due formazioni che dal Movimento Sociale derivano – Alleanza nazionale e Movimento sociale italiano-Fiamma tricolore – vengono a costituire un terreno di confronto che resta, tuttavia, come un’area politica post e neo fascista riconoscibile e dove non si accentua e afferma, quale elemento determinante, la collisione e, poi, la presa di distanza tra le componenti, ma, piuttosto, si determina vogliam dire l’atmosfera?, o diremo l’habitat?, o il semenzaio?, insomma diciamo il clima che si rivelerà adatto a conseguire un aggiornamento dell’identità politica che, con un suo costante cammino, proviene, appunto dal fascismo. La risultanza sarebbe Fratelli d’Italia.

‘Risultanza’ per Fratelli d’Italia, la compagine politica che ha ricevuto il 26% dei voti espressi dagli elettori, fulcro dell’attuale governo, pare termine appropriato. In specie quando di ‘risultanza’ si sottolinei il significato di un determinarsi e venire a capo secondo un andamento che non abbisogna d’interventi speciali e, dirò, pienamente consapevoli.

I massimi dirigenti di Fratelli d’Italia, ora sulla scena e investiti di considerevoli responsabilità, non mostrano doti di ‘creatori’, di ‘facitori’, di ‘elaboratori’. Piuttosto riconosci nella loro cultura qualcosa di indotto, di ricevuto, qualcosa che si è depositato in loro come un effetto subìto, una conseguenza. Insomma come un ‘portato’, come un ‘risultanza’, ripeto, non come una acquisizione critica, una consapevolezza nuova delle idee e dei principi ai quali essi dedicano, dicono, la loro identità politica.