A un mese dalle regionali (e a un anno e mezzo dalle presidenziali), Hollande e il governo Valls sembrano paralizzati e in stato confusionale, accumulando errore su errore in politica interna. A cominciare dalla politica fiscale: negli ultimi giorni il governo ha dovuto fare marcia indietro su tre decisioni che stavano sollevando un polverone (aumento della tassa sulla casa per i pensionati a basso reddito, tagli dei finanziamenti agli enti locali e riduzione dei sussidi per gli adulti handicappati).

La finanziaria 2016, che la Francia ha dovuto presentare come gli altri paesi Ue al vaglio di Bruxelles lo scorso 15 ottobre, sta diventando un rompicapo corretto a colpi di emendamenti in parlamento, perché alla base c’è un’equazione impossibile: sono stati concessi 40 miliardi di sgravi alle imprese, con lo scopo di migliorare la «competitività» ma risulta impossibile trovare la copertura senza tagli alla spesa.

Aumentare le tasse è diventato impossibile, ormai persino al governo ammettono che «la misura è colma» per i contribuenti. Secondo l’Insee (l’Istat francese), l’80% delle famiglie ha visto aumentare le tasse nel 2014. E la Francia sfonderà ancora nel 2016 il parametro del 3% di deficit, con l’impegno di rispettarlo nel 2017.

I tecnici del ministero delle Finanze cercano di raschiare il fondo del barile per trovare la copertura alle concessioni fatte alle imprese, accumulando sbandate su sbandate.

Ma non sono i soli: a meno di un mese dalla Cop21 a Parigi, Valls ha deciso di riprendere i lavori del controverso aeroporto di Notre-Dame des Landes, fortemente contestato, senza aspettare la conclusione giudiziaria dei numerosi ricorsi.

E Hollande, come ai tempi del caso Leonarda (la ragazzina rom espulsa, che aveva risposto per le rime al presidente in diretta tv facendogli fare una figura barbina), ha fatto un buco nell’acqua con il «caffè» a casa della pensionata Lucette (che ha raccontato ai media che la visita era tutto meno che spontanea).

Ieri la ministra del lavoro, Myriam El Khomry, ha camminato sulle uova nel presentare la riforma-semplificazione del codice del lavoro, tra pressioni del padronato contro il contratto a tempo indeterminato e la necessità di non provocare lavoratori già esasperati dalla disoccupazione che non cala, dalle minacce di ristrutturazione industriale e «uberizzazione» dei contratti.

L’avvicinarsi della scadenza elettorale di dicembre sta facendo cadere il governo ancora più in confusione.

Per il Ps la sconfitta è assicurata: oggi 20 regioni sulle 21 della Francia metropolitana sono governate dalla sinistra, quindi per i socialisti c’è solo da perdere, anche se il numero delle regioni è calato a 13.

Due regioni, il Nord-Pas de Calais-Picardie e Paca (Provenza-Costa Azzurra) potrebbero cadere nelle mani del Fronte nazionale, con alla testa, rispettivamente, Marine Le Pen e la nipote, Marion Maréchal-Le Pen.

Il dibattito politico viaggia al ritmo dell’estrema destra, è ormai il Fronte nazionale a dettare gli argomenti di discussione. E i media seguono.

Così il dibattito interno prende i colori dell’anti-Illuminismo, mentre sul fronte della politica estera Hollande coltiva il ruolo di generale in capo, addizionando intervento su intervento (Centrafrica, Mali, Iraq, adesso Siria, assassini mirati di jihadisti nel Sahel e in Siria).