La Francia cerca di calmare il gioco con Bruxelles – e la Germania – a due giorni dalla presentazione in Consiglio dei ministri della legge Macron, un testo “prenditutto” sulla “crescita e l’attività”, che si propone di liberalizzare su tutti i fronti, dalle professioni regolamentate al lavoro la domenica fino alla facilità di licenziamento. Il governo non ha la maggioranza, il Ps è spaccato, l’ala sinistra minaccia di votare contro: Valls rischia quindi un “incidente” e di dover ricorrere al 49-3, cioè di dover chiedere la fiducia, per far passare la riforma. Questa “riforma” dovrebbe servire per convincere Bruxelles e Berlino che la Francia è “sulla buona strada”, alla pari del Jobs Act italiano. E’ questo il commento del ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, che ha cercato di correggere l’intervento di Angela Merkel, domenica su Die Welt, dove la cancelliera ha ricordato che gli sforzi di riforma di Italia e Francia “non sono ancora sufficienti”. Pochi giorni prima, il commissario all’economia, il tedesco Günther Oettinger, aveva violentemente criticato la Francia.

Ieri, l’Eurogruppo ha esaminato a Bruxelles i giudizi della Commissione sui bilanci dei 18 paesi della zona euro, resi noti a fine novembre dalla Commissione. Il testo del comunicato finale è stato emendato rispetto a una prima stesura, più dura, per evitare di irritare Parigi: sono suggerite “misure addizionali” da mettere in opera, ma l’Eurogruppo evita di dare delle cifre (una sforzo strutturale “migliorato” fino allo 0,5% del pil per la Francia). Il ministro delle finanze, Michel Sapin, ha affermato ieri che “il principale senso del messaggio di Angela Merkel è che dobbiamo attuare le riforme, aspetta un passaggio all’atto, nulla di più”. Per Sapin, “Merkel non pensa al 2012 o 2013, ma fa soprattutto riferimento al 2003. Quando Parigi e Berlino non hanno rispettato il patto di stabilità, ma poi la Germania si è riformata, mentre la Francia non lo ha fatto”. Sapin ha cercato di riportare un po’ di calma, dopo che domenica Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche ha risposto con un secco tweet all’intervista di Merkel a Die Welt: “Maul zu, Frau Merkel” (chiudi il becco, signora Merkel). Sapin spera che, con la riforma Macron e grazie al ribasso di petrolio e euro (rispetto al dollaro) i conti possano migliorare (ha annunciato la settimana scorsa un deficit al 4,1% nel 2015, un po’ minore del 4,3% inizialmente previsto). Ci sono poi i 600 milioni che Bruxelles dovrebbe restituire alla Francia, che avrebbe versato troppo per il bilancio Ue del 2014. Macron ha persino messo in vendita il 49% dell’aeroporto di Tolosa – decisione che sta scatenando un putiferio – venduta a una società cinese (in alleanza con dei canadesi che l’Fmi ha escluso dai mercati mondiali per malversazioni): in tutto, 300 miseri milioni di euro. In altri termini: la Francia raschia i fondi dei cassetti per trovare dei soldi ed evitare le “sanzioni” di Bruxelles. In ogni caso, Italia e Francia avevano già ottenuto tre mesi di proroga, l’esame della Ue è rimandato alla prossima primavera e solo allora potranno esserci decisioni rispetto a eventuali multe per deficit (Francia) o debito (Italia) eccessivi. La Commissione allenta un po’ l’applicazione degli automatismi del Six Pack e del Two Pack, ma continuerà a lavorare ai fianchi Italia e Francia, perché si pieghino ai diktat del Fiscal Compact. “Misure addizionali sono necessarie” ha ribadito il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem.

L’Eurogruppo di ieri ha anche rimandato una decisione sulla Grecia. Il “piano di aiuti” ad Atene dovrà venire prolungato nella prima parte del 2015. Per versare l’ultima tranche di 1,8 miliardi di euro, la troika chiede nuovi “sforzi” alla Grecia (altri 2-3 miliardi di tagli al bilancio). Una richiesta politicamente insostenibile. La Ue ha paura di Syriza, che sale nei sondaggi.

Nessuna decisione neppure per la Tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf), che avrebbe dovuto tassare in 11 paesi (tra cui l’Italia) allo 0,1% le transazioni in azioni e allo 0,01 i prodotti derivati. Ormai, la Ttf è quasi sotterrata e i 30 miliardi di euro promessi stanno sfumando: le banche (in primo luogo le francesi) non la vogliono e non c’è più nessun governo che si batta per la sua attuazione.