Nuovo consiglio ristretto all’Eliseo, ieri mattina, con i ministri Fabius (Esteri), Cazeneuve (Interni), Taubira (Giustizia), Le Drian (Difesa) attorno a Hollande, per fare il punto sulle indagini e sul dispositivo Vigipirate di allerta attentati alzato al massimo livello per tre giorni nella regione di Lione, per paura di “repliche” dopo l’attentato di venerdi’ alla fabbrica di gas Air Product di Saint-Quentin-Fallavier (dopo il massacro a Charlie Hebdo, il 7 gennaio, c’era stata la replica del 9 all’Hyper Cacher, oltre all’omicidio di una poliziotta). Manuel Valls, sull’aereo del ritorno anticipato dalla Colombia, è in allarme: “la domanda non è sapere se ci sarà un nuovo attentato, ma quando”. Per Valls, la “società francese è messa alla prova” da questo “attentato ignobile e preoccupante” e deve “essere forte sui suoi valori”. Il primo ministro ha assicurato che “il governo reagisce con sangue freddo”. Cazeneuve ha ricordato che sono state assunte più di mille persone nei servizi e che c’è ormai una nuova legge (criticata, perché limita le libertà individuali). Una risposta all’opposizione di destra, che da venerdi’ attacca il governo, accusandolo di superficialità nella lotta al terrorismo e di “angelismo” verso le reti radicali, che alcuni non hanno esitato a definire “quinta colonna” in Francia.

Yassine Salhi, l’uomo che venerdi’ ha decapitato il suo datore di lavoro e ha tentato di far esplodere la fabbrica di gas, era ancora sotto interrogatorio. Le autorità cercano di capire quale sia stato il suo percorso e come sia potuto sfuggire ai controlli. Mentre dei cittadini a Fontaines-sur-Saône, hanno reso omaggio ieri alla vittima, l’imprenditore Hervé Cornara. Salhi era stato intercettato dalla sorveglianza antiterrorista nel 2006, fino al 2008 schedato nel file “S”, “sicurezza dello stato”. Poi era ricomparso nel 2011, segnalato per i contatti con circoli salafisti. Nel 2014, i servizi si erano di nuovo interessati a lui, in seguito alla segnalazione di un vicino, quando Salhi abitava ancora a Besançon, che aveva notato riunione di “barbuti” che inneggiavano alla “Jihad” nel suo appartamento. Sono segnalate, per quel periodo, delle “assenze” più o meno prolungate di Salhi, senza spiegazione. Ma poi Salhi si era trasferito con la famiglia a Saint-Priest, viveva con moglie e tre figli, lavorava. Anche l’abbigliamento era cambiato, di nuovo normale: adesso c’è chi sostiene che potrebbe trattarsi della “taqiya”, una dissimulazione, per non destare sospetti. Ma, per il momento, il Procuratore di Parigi afferma che non c’è “nessun elemento formale che permetta di affermare che aveva un complice”. Salhi ha pero’ inviato un sms con la foto della testa della vittima a un numero in Canada. Si sa che Salhi all’inizio degli anni 2000 era stato in contatto con un convertito radicalizzato, Frédéric Jean Salvi, oggi ricercato dall’Interpol perché sospettato di aver organizzato con Al Qaedia un attentato a Giacarta, in Indonesia. A Besançon frequentava una moschea radicale. Probabilmente, si è trasferito alla periferia di Lione perché aveva già in zona dei contatti: la regione di Lione registra una forte presenza di radicali, fin dagli anni ’90 (Khaled Kelkal, ucciso nel ’95, mentre stata preparando un attentato al Tgv per Parigi era di Lione). A metà giugno, si è svolto un processo contro il gruppo radicale Forsane Alizza, molto presente a Lione e anche i fratelli Kouachi (attentatori a Charlie Hebdo) avevano legami nella zona. Circa 3mila persone sono schedate “S” in Francia. E’ praticamente impossibile controllare tutti, un “terrorismo in libero servizio”, lo ha definito Cazeneuve, anche di individui isolati che si radicalizzano su Internet e possono preparare attentati o il viaggio per la combattere in Siria. Oggi, 600 persone in Francia sono considerate casi “molto seri” per il rischio di attentati, secondo i dati del ministero degli Interni. Nelle scuole, nell’ultimo anno scolastico, ci sono state 816 segnalazioni di allievi “radicalizzati”, 3786 allarmi di genitori preoccupati, 40% di convertiti. Attualmente, ci sarebbero circa 500 francesi che combattono in Siria (110 sono stati uccisi).