Nel cinema di Francesco Rosi sono fondamentali i «luoghi», la conoscenza approfondita dei luoghi dove si svolgono le vicende dei film, di cui i «Diari»ripropongono i momenti essenziali così come sono stati pensati e scritti durante la preparazione e la realizzazione. Sin da «Salvatore Giuliano», ancor prima che il progetto si concretizzi, sente l’esigenza di ritornare più volte in Sicilia. L’ambiente in cui si svolgono gli avvenimenti è quello dei paesi come Carini, Partinico, Montelepre, Salemi, Messineo, Corleone, Lercara Friddi, Aragona, Palma di Montechiaro, Naro, Favara, Ponte di Sagana Cava, Castelvetrano.

«Visti dall’alto questi paesi fanno tutti la stessa impressione: nel silenzio del quale sono circondati, si sente da lontano il belato delle pecore, le galline, e ti pare assurdo che anche questi paesini desiderosi di «arrivare alla città» siano stati teatro e generatori di banditi e gesta di banditi». I paesi dell’interno danno di più l’idea della disperazione, ma i banditi, con le loro ambizioni contadine, potevano venire solo da questi paesi intorno a Palermo. «Stiamo raccontando la storia di Giuliano e sempre a quella ci dobbiamo rifare: d’accordo, ma è proprio per questo che è importante, indispensabile, vederli questi paesi e vedere poi quelli dell’interno e metterli a confronto». Se vogliamo capire il fenomeno, è indispensabile conoscere la Sicilia e i siciliani: «Dovremmo riuscire a dare una visione sintetica, ma approfondita attraverso delle immagini precise e indicative, di quello che è la terra siciliana, le sue condizioni di vita, i carattere dei suoi abitanti. Il profilo di Giuliano uomo e bandito dovrebbe venire fuori dalla conoscenza dei luoghi dove ha vissuto, dove è cresciuto, dove ha stabilito il suo regno di fuorilegge».

«Le mani sulla città» affronta il problema della speculazione edilizia: «Quale è il senso della grande speculazione? Questi padroni della città sono limitati, badano al palazzetto, non costruiranno mai una Parigi moderna, non investiranno mai centinaia di miliardi. La vera accusa è che essi non sono ’neo-capitalisti’ ma ’pre-capitalisti’ feudali, che fanno una politica non di rischio ma di risparmio che deturpa il volto delle città».

«Il caso Mattei» «è un film problematico su un uomo con le sue battaglie. Devo fare in modo che il pubblico capisca che quel gas, il metano, non serviva solo a mandare avanti quattro automobiline, ma rappresentava un nuovo traguardo essenziale per il Paese, e questo lo descriverò attraverso le emozioni di Mattei».

«Lucky Luciano», come «Salvatore Giuliano» e «Il caso Mattei», è costruito narrativamente con i metodi dell’inchiesta, procede mettendo assieme tutti gli elementi per suggerire un quadro generale storicamente e giudiziariamente accertato dal quale far emergere il personaggio e il suo mistero: «Film politico? Il mio scopo è di provocare una partecipazione dello spettatore trattando problemi che appartengono alla nostra realtà quotidiana».
«Cadaveri eccellenti» intende cogliere i tormentati rapporti quotidiani dei cittadini con il Potere: «Fare un film non violento sulla violenza del potere, lasciando libera la possibilità di giudicare dello spettatore». «Cristo si è fermato a Eboli», come il successivo «Tre fratelli», segna una svolta importante nell’attività di Rosi: «È un film difficilissimo perché si tratta di ricostruire le sensazioni, le emozioni, le curiosità, i turbamenti, gli interrogativi di un uomo che scopre un mondo tanto diverso dal suo, tanto forse anche imprevisto fino al punto che gli modifica una struttura ideologica e morale e gli dà occasione di riflettere a fondo sulle condizioni temporali e culturali che hanno dato ragione alla famosa ’questione meridionale’».

«Tre fratelli» è incentrato sul problema del tempo, il vero protagonista del film. L’esigenza centrale è stata in «Carmen» quella di strutturare il racconto e rendere logici, possibili, gli incontri fra i vari protagonisti. «Non mi interessa teorizzare il cinema, mi interessa ancora, anche se costa sempre più fatica per le difficoltà obiettive e per la nausea che te ne viene, fare un film, riuscire cioè a passare dai fantasmi di una intuizione alla fisicità della narrazione. È ancora questo che può eccitarti, e perciò sin dall’origine vai a vedere ogni posto, ogni angolo, ogni faccia, ogni luce, ogni suono, perché solo così ti si può cominciare a concretare dentro un’immagine» (pp. 234, euro 19,00).