L’hanno detto in molti e, a dieci anni dalla morte di Francesco Orlando, ricordarlo ha ancora più senso: quando ormai la crisi della critica era conclamata, a chi approdava all’università il grande critico insegnava che fra il grigiore della filologia neo-positivista e le approssimazioni disoneste della scrittura saggistica en artiste, tertium datur. E che lo studio delle letterature nazionali è un provinciale anacronismo, perché i classici scritti nelle diverse lingue occidentali devono dialogare sulla pagina di ogni critico serio, come dialogavano sugli scaffali della sua leggendaria biblioteca. Tutti gli studenti che hanno avuto il privilegio di seguire i corsi di...