«Quanto all’Italia credo che ci si potrebbe domandare perché la letteratura popolare non sia popolare in Italia. Dopo il Mastriani e l’Invernizio, mi pare che siano venuti a mancare tra noi i romanzieri capaci di conquistare la folla facendo inorridire e lacrimare un pubblico di lettori ingenui, fedeli e insaziabili». È un breve passaggio tratto dai Quaderni del carcere di Antonio Gramsci (1891/1937) che analizza i problemi della cultura nazionale e della letteratura popolare e ben descrive l’intensità narrativa, drammaturgica, poetica e giornalistica di Francesco Mastriani (Napoli 1819-1891), definito il romanziere del popolo. Elementi sostanziali della sua opera che si ritrovano nel romanzo Il mio cadavere (Polidoro Editore, 2021) con la prefazione di Vittorio Del Tufo. Pubblicato prima a puntate sulla rivista partenopea Omnibus nel 1851 e poi in volume nel 1853, è considerato dai critici il primo romanzo giallo-noir italiano. Non va dimenticato, tuttavia, che Mastriani ha contribuito anche alla nascita del verismo e del meridionalismo.

Si è ispirato all’opera letteraria dei francesi Eugène Sue (1804-1857) e Honoré de Balzac (1799-1850). Ha raccontato, inoltre, i meno abbienti, le classi subalterne di una Napoli di metà Ottocento degradata e derelitta, in cui miseria e malavita la facevano da padrona, nella cosiddetta «trilogia socialista» composta da I vermi (1864), Le ombre (1868) e I misteri di Napoli (1870). Tra le altre innumerevoli opere si rammentano La cieca di Sorrento (1851), La comare di Borgo Loreto (1854), La sepolta viva (1877), La spia (1880), L’assassinio in via Portacarrese a Montecalvario (1882), Il suicida (1884), La malavita (1890). Sullo sfondo di una Napoli del 1826 Il mio cadavere, romanzo tetro e terrificante, narra le peripezie di quattro figure, protagoniste di episodi di passioni ardenti e cupe, unite dalla relazione con un cadavere. Il romanzo principia: «A ridosso del Real Albergo de’ Poveri e di S. Maria degli Angeli alle Croci», luoghi poco distanti da dove attualmente si trova Vico Francesco Mastriani.

A muovere le fila di una trama corposa sono Daniele de’ Rimini, un giovane pianista partenopeo che nel corso della narrazione si rivelerà essere ben altro; Lucia, che si ritrova a far da madre ai fratelli dopo la morte dei genitori; il ricchissimo baronetto Edmondo conte di Sierra-Blonda, vittima del suo stesso dissoluto tenore di vita; Emma, bellissima e ricca ereditiera, unica figlia del duca di Gonzalvo, capo di una potente famiglia spagnola.

Oltre a loro, interagiscono altri personaggi, minori eppur fondamentali per la stesura del romanzo. Le loro vite si intesseranno palesando di avere in comune, come suddetto, il legame con un cadavere dal quale tutti vorrebbero ottenere un tornaconto. A cominciare dal pianista che promette al baronetto, terrorizzato dalla morte ma soprattutto dal pensiero di essere seppellito vivo, di prendersi cura del suo corpo quando morirà. Daniele lo farà per davvero: dopo averlo fatto imbalsamare e sistemare in una camera cerimoniale, per nove mesi gli cambierà la biancheria, gli porterà il caffè e suonerà per lui il pianoforte. «Siamo tra le inquietanti pagine di un autore a lungo sottovalutato ed emarginato dal dibattito culturale», attesta Vittorio Del Tufo. Francesco Mastriani è un acuto psicologo dell’animo umano; precorre il concetto del rimorso legato al senso di colpa. Concetto che sarà mutuato da molti giallisti moderni.