Nella fastosa cornice del Colosseo – palcoscenico prediletto della propaganda dell’ormai archiviato Mibact –, il «neo» ministro della cultura Dario Franceschini ha annunciato ieri che il nuovo direttore del Parco archeologico di Pompei è Gabriel Zuchtriegel. L’archeologo nato a Weingarten nel 1981 e naturalizzato italiano lo scorso luglio, è stato scelto «personalmente» da Franceschini fra i tre candidati designati dalla commissione al termine di una selezione internazionale alla quale hanno partecipato una quarantina di professionisti dei beni culturali. La nomina non ha suscitato alcuna sorpresa fra gli addetti ai lavori, ma ha provocato le dimissioni immediate di Stefano De Caro e Irene Bragantini, due dei quattro esperti che compongono il Comitato scientifico del Parco di Pompei.

ALLA GUIDA DEL PARCO archeologico di Paestum e Velia dal 2015, incarico che manterrà ad interim, Zuchtriegel era dato ufficiosamente per vincitore fin dal lancio, a metà settembre del 2020, del bando per individuare il successore di Massimo Osanna, passato nel luglio dello stesso anno alla Direzione generale musei. Le ragioni dei rumors risiedevano nella strategia messa in atto da Osanna nel suo settennato a Pompei e amplificata dalla posizione di potere raggiunta in seno al Collegio Romano, che ha favorito le (talvolta fulminanti) carriere dei suoi più stretti collaboratori. Zuchtriegel – che a Paestum era arrivato a 34 anni e con un curriculum ancora da costruire con esperienze e pubblicazioni – ha sbaragliato anche questa volta un’agguerrita concorrenza.

TRA GLI ESCLUSI dalla procedura diffusa «urbi et orbi» per scovare il «migliore», ci sono infatti studiosi del calibro di Maria Paola Guidobaldi – già direttrice degli Scavi di Ercolano e autrice di fondamentali contributi scientifici sulle città antiche dell’area vesuviana – e Giuliano Volpe, ordinario di Metodologia della ricerca archeologica presso l’Università di Bari e presidente del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici dal 2014 al 2018.
Durante la gestione di Zuchtriegel il Parco archeologico di Paestum e Velia ha visto quasi raddoppiare gli ingressi e, tra le innumerevoli iniziative, si è aperto anche alle sponsorizzazioni dei privati. Ad orientare la Commissione presieduta dall’attuale ministra della giustizia Marta Cartabia sembra essere stata dunque una visione dei parchi archeologici basata sui «grandi numeri», sul marketing e sul richiamo mediatico. Politica che in questi ultimi anni ha dato origine alla narrazione della «rinascita» di Pompei ma anche di Paestum, considerati da Franceschini modelli di cui vantarsi e da replicare non si sa esattamente dove.

DIETRO AI SUCCESSI di un’archeologia fintamente «pubblica» si nasconde infatti la disastrosa condizione di buona parte dei siti e dei musei del Paese, logorati dal degrado e dalla perenne mancanza di finanziamenti per tutela e valorizzazione. Senza dimenticare gli operatori dei beni culturali, colonne portanti di un ministero che da una parte investe in inutili e costosissimi progetti quali It’s Art, la «Netflix della cultura», e dall’altra – con l’aggravante di una pandemia – condanna all’invisibilità decine di migliaia di precari.